Migranti e sbarchi selettivi, Medu esprime “apprensione e indignazione”

L’organizzazione: “Nei molti anni di intervento in banchina con i mediatori culturali abbiamo potuto individuare un numero di persone vulnerabili ampiamente maggiore di quello riscontrato da enti e personale non specializzato. Per questo sia consentito lo sbarco immediato di tutte le persone presenti a bordo delle navi di salvataggio”

Migranti e sbarchi selettivi, Medu esprime “apprensione e indignazione”

Medici per i Diritti Umani (Medu), segue la vicenda che coinvolge i 751 migranti tratti in salvo dalle navi umanitarie Geo Barents, Humanity 1, Rise Above e Ocean Viking. Lo fa esprimendo in una nota “apprensione e indignazione” per il fatto che, a 2 giorni dall’arrivo al porto di Catania, “a 50 persone in condizioni di salute particolarmente critiche è stato concesso di sbarcare, mentre 250 sono ancora a bordo. Uno sbarco selettivo e parziale, in contrasto con le convenzioni di diritto marittimo e con il diritto internazionale”.

Afferma Medu: “Con un Decreto del Ministero degli Interni, sottoscritto e controfirmato dal Ministero della Difesa e dal Ministero delle Infrastrutture il 4 novembre 2022, il Governo italiano ha deciso di concedere alle navi di salvataggio di sostare nelle acque nazionali non oltre il termine necessario ad assicurare le operazioni di soccorso e assistenza nei confronti delle persone che versino in condizioni emergenziali e in precarie condizioni di salute segnalate dalle competenti Autorità nazionali, non garantendo un porto sicuro a  tutte le persone coinvolte. L’Usmaf, autorità di sanità marittima dipendente dal Ministero della Salute, dichiara altresì che la selezione dei meritevoli di sbarco si basa su un triage clinico per il riconoscimento delle persone con patologie importanti, dei minori e delle donne in gravidanza, considerando invece le condizioni psicologiche ‘questioni sanitarie di secondo livello’”.
“Da otto anni i team di Medu operano in Sicilia e in altre regioni di Italia, fornendo assistenza medico-psicologica alle persone sopravvissute e tortura e trattamenti inumani e degradanti, in collaborazione con il Fondo delle Nazioni Unite per le Vittime di Tortura e l’Alto Commissario Onu per i rifugiati – ricorda l’organizzazione -. Sulla base dei dati raccolti dai medici e psicologi dei diversi progetti di Medu, oltre il 90% dei migranti e richiedenti asilo giunti in Italia negli ultimi 10 anni dalle rotte africane ed asiatiche è sopravvissuto a torture, trattamenti inumani e gravi violenze occorse sia nei paesi di origine che lungo i percorsi migratori, in particolare e in modo sistematico in Libia (‘La Fabbrica della Tortura’). Si tratta in 9 casi su 10 di traumi estremi, che generano profonde ferite visibili, ma anche invisibili, dal momento che non sempre le torture si accompagnano a segni fisici tangibili. Separare corpo e psiche, sottovalutando gli effetti del trauma sulla salute, non solo rappresenta un grave errore dal punto di vista sanitario, ma risulta in contraddizione con le Linee Guida per l’assistenza, la riabilitazione e il trattamento dei disturbi psichici dei rifugiati e delle vittime di tortura, adottate dallo stesso Ministero della Salute con Decreto ministeriale del 3 aprile 2017, le quali sottolineano come tutti i rifugiati siano da considerarsi soggetti potenzialmente vulnerabili, poiché l’esilio è di per sé un’esperienza di tipo traumatico”.

“Inoltre – continua Medu -, in assenza di mediatori interculturali, di spazi adeguati a bordo delle navi e di personale specialistico, in particolare in tema di salute mentale, appare difficile condurre un triage clinico esaustivo e in grado di rilevare con accuratezza le vulnerabilità psico-fisiche di persone con ogni probabilità altamente traumatizzate, che possono presentare quadri clinici psicopatologici manifesti, latenti o sub-clinici. Nei molti anni di intervento in banchina con i mediatori culturali Medu ha potuto individuare un numero di persone vulnerabili ampiamente maggiore di quello riscontrato da enti e personale non specializzato”.

“Non per ultimo, la lunga permanenza in mare e l’attracco al porto senza la possibilità di potere scendere può innescare ri-traumatizzazioni e rotture psicologiche importanti come dimostrato, di fatto, dagli accadimenti di questa mattina, quando 3 naufraghi della Humanuty 1 hanno deciso di lanciarsi in mare all’interno del porto”, conclude l’organizzazione. Che a fronte di queste considerazioni, chiede con forza di “consentire lo sbarco immediato di tutte le persone presenti a bordo delle navi di salvataggio, garantendo la presenza di personale medico specializzato e la possibilità di presentare richiesta di protezione internazionale”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)