Spruzza e vaccina. I nuovi vaccini spray per il covid-19

Attualmente, i risultati degli studi sui vaccini intranasali anti-covid condotti sugli animali fanno ben sperare.

Spruzza e vaccina. I nuovi vaccini spray per il covid-19

Un fatto di cronaca e una speranza. In mezzo… le necessarie verifiche della scienza!

Stiamo parlando della recente approvazione, in Cina, dell’uso “in emergenza” del primo vaccino anti-covid intranasale (spray), attualmente prodotto da CanSino Biologics, un’azienda farmaceutica cinese. La speranza è che questa tipologia di vaccini di nuova generazione possa rappresentare una svolta sostanziale nella lotta alla pandemia, data la sua facilità di somministrazione. Tutta, la loro reale efficacia a livello clinico su larga scala è ancora tutta da verificare.

In realtà, già da tempo il tema dei vaccini spray e della loro efficacia interroga gli studiosi del settore, mentre decine di enti di ricerca e varie aziende farmaceutiche nel mondo stanno lavorando alla messa a punto di nuove forme di prevenzione contro il covid-19, che passino attraverso le mucose di naso e bocca e non per iniezioni intramuscolo. Attualmente, sono circa un centinaio i vaccini “mucosali” (cioè orali o nasali) contro il covid-19 in preparazione; i ricercatori ritengono che questi presidi abbiano la potenzialità di bloccare il coronavirus – per così dire – sull’uscio, attaccandolo al suo ingresso nell’organismo. Ciò consentirebbe di ottenere un’immunità “sterilizzante”, in grado cioè di proteggere gli individui non solo da casi gravi e ricoveri (come fanno i vaccini attuali), ma anche dall’infezione vera e propria e dalla possibilità di trasmettere il virus ad altri.

Un recente articolo (pubblicato su “Nature”) riassume bene le ragioni scientifiche di questo potenziale beneficio. Il fatto che i vaccini anti-covid oggi in uso – pur avendo salvato milioni di vite! – hanno mostrato di non poter garantire la protezione dai contagi lievi dipende in parte proprio dall’essere somministrati con un’iniezione intramuscolare. Essa, infatti, stimola la produzione di cellule T (che distruggono le cellule infette) e B (che producono anticorpi neutralizzanti) che circolano nel sangue, ma che non sono presenti in grandi quantità nel naso e nelle vie aeree superiori, dove il covid-19 comincia a sferrare il suo attacco all’organismo. La somministrazione degli attuali vaccini, perciò, non riesce a offrire una protezione rapida e il virus ha tutto il tempo necessario per iniziare a diffondersi, prima che le difese vaccinali si attivino là dove occorre. Certamente, anche i vaccini intranasali o orali attivano una risposta immunitaria in tutto l’organismo, ma lo fanno stimolando anzitutto le cellule immunitarie delle mucose del naso e del tratto respiratorio, che agiscono come sentinelle e rispondono in modo più rapido all’infezione. A ciò si aggiunge il fatto che le cellule T e B residenti in questi tessuti funzionano un po’ diversamente da quelle che circolano nel sangue. Esse, infatti, producono immunoglobuline di tipo A (IgA), anticorpi molto efficaci nel bloccare il virus a livello delle mucose, ma sono difficili da stimolare con i vaccini intramuscolari.

Attualmente, i risultati degli studi sui vaccini intranasali anti-covid condotti sugli animali fanno ben sperare, evidenziando l’effettiva possibilità che essi riescano a prevenire infezione e trasmissione del virus. In uno studio sui topi all’Università di Yale, per esempio, un booster spray somministrato nel naso dopo un vaccino convenzionale ha prodotto un’immunità nelle mucose che ha protetto gli animali dall’infezione, nonostante l’esposizione a una dose di coronavirus potenzialmente letale. Un altro vaccino intranasale a RNA testato nei macachi dagli scienziati del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (USA) ha evitato del tutto la replicazione del virus nel naso e nelle vie aeree. Resta ora va verificare la fase sperimentale clinica, cioè l’applicazione sull’uomo, su scala progressiva.

Ma questo ulteriore e necessario passaggio presenta alcune difficoltà. Misurare l’efficacia dei vaccini in confronto ad altri vaccini, e cioè capire se offrano un’immunità sterilizzante, non è per niente semplice. Si potrebbe analizzare la risposta immunitaria nel tratto respiratorio (per esempio quantificando le IgA prodotte), ma al momento non è chiaro quale sia il livello di anticorpi sufficiente per proteggere dall’infezione. Un altro metodo consiste nel confrontare gli anticorpi neutralizzanti prodotti in seguito ai nuovi vaccini con quelli stimolati dai vaccini iniettabili; ma anche così non si traggono informazioni sul tipo di protezione offerta.

Resterebbe da percorrere la via del “test sul campo”, provando a confrontare l’efficacia dell’immunità indotta nelle persone vaccinate con vaccini intranasali o orali e quella in persone non vaccinate. Ma, a questo punto della pandemia, è veramente arduo trovare soggetti del tutto sprovvisti di anticorpi contro il covid-19 (ottenuti con un vaccino o dopo un’infezione), né sarebbe etico continuare a tenerle in questa condizione, seppur per scopi scientifici lodevoli, data l’abbondanza di vaccini disponibili. Per questa ragione, alcuni trials clinici di vaccini intranasali si stanno svolgendo in Paesi (ad esempio in Africa) che, per varie ragioni, hanno ancora un accesso limitato ai vaccini anti-covid.

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Fonte: Sir