Biennale street art: Joys torna all'Arcella...e lo stavamo aspettando!

Dalle porte e finestre murate di abitazioni diroccate ed edifici abbandonati, Joys ne ha fatta di strada. Ha fatto un giro lungo, soprattutto all'estero, prima di ritornare a Padova e all'Arcella per mostrare a tutto il quartiere la sua tecnica artistica. Il lavoro, realizzato su una parete che si affaccia su via Piacentino, è anche visibile direttamente da via Tiziano Aspetti

Biennale street art: Joys torna all'Arcella...e lo stavamo aspettando!

Chi segue Joys da tempo non dovrebbe rimanere sorpreso dall’enorme parete dipinta all’Arcella all’interno del festival della Biennale di street art . Nemmeno un suo intervento nel quartiere a nord di Padova dovrebbe essere una notizia in sé essendo cresciuto artisticamente qui e noto soprattutto per le sue tracce lasciate su porte e finestre murate di edifici diroccati e abbandonati (il Configliachi non vi dice nulla? O per citarne un altro, l’ex hotel Abritto accanto al ponte Borgomagno?).

Allora cosa rende unico l’ultimo lavoro realizzato all’estremo opposto del campo da calcio che si affaccia su via Piacentino ed anche visibile da via Tiziano Aspetti? A Padova, nel giro di un paio di mesi, Joys può finalmente esprimersi e mostrarsi nella sua mastodontica tecnica architettonica in linea, per dimensioni, capacità comunicativa, con quello che sta realizzando in giro per il mondo, soprattutto in Cina e Oriente. 

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Qualcosa si è mosso, una scintilla è scoccata, infatti, nella città che l’ha visto crescere, lui classe 1974, e dove vive ancora: a marzo, ha dipinto 200 metri quadri di superficie all’interno del cortile della scuola Duca d’Aosta ; due mesi dopo lo ritroviamo in alto sul cestello elevatore con l’inseparabile livella per creare i suoi riconoscibili e unici labirinti di geometrie e colori. Una precisione quasi “vettoriale”, per chi è avvezzo agli studi grafici, al punto che osservando il lavoro da vicino o da lontano non ci si trovano impurità o imperfezioni nel tratto (frase che ripeto come un mantra quando guardo un lavoro di Joys).

Dall’approccio ai graffiti, studiando il suo nome in diverse forme, Joys si è gradualmente evoluto mantenendo però un’attenzione maniacale per le linee, le squadrature e i repentini cambi di direzione delle sue lettere, inizialmente, e successivamente degli spazi. Ombre e tridimensionalità nascono, poi, dal sapiente uso delle differenti tonalità cromatiche e a colpire è anche scelta la delle gamme e degli abbinamenti. Come per l’opera all’Arcella, con accostamenti brillanti e a tratti acidi.

Una nota, infine, personale che dà lo spessore del ragazzo che è. Alla domanda: «Cosa ne pensi di questa Biennale?», la sua risposta è stata: «Fnalmente ritorno a lavorare qui con i miei amici». Quelli della storica crew Ead. Ecco il senso del suo fare arte.  

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