Giovani keniani: «Ognuno di noi è meraviglioso e unico»
A dare ulteriore ricchezza al Sinodo diocesano sono i contributi arrivati da undici gruppi di giovani del Kenya. Emerge una vicinanza spirituale con i loro coetanei padovani molto più forte rispetto alle peculiarità dovute alla lontananza geografica e al diverso contesto di residenza.
A dare ulteriore ricchezza al Sinodo diocesano sono i contributi arrivati dai gruppi di giovani del Kenya. La loro partecipazione è stata possibile grazie ai missionari fidei donum presenti in loco: don Mariano Dal Ponte, don Sandro Ferretto e i laici Fabio e Ilaria Fanton.
Dalle risposte alle tracce dei ragazzi in particolare di Mochongoi sembra emergere una vicinanza spirituale con i loro coetanei padovani molto più forte rispetto alle peculiarità dovute alla lontananza geografica e al diverso contesto di residenza. Alcuni sottolineano che a rendere bella la vita è «vivere qui in Kenya» e si sentono tristi «quando non viviamo in pace nel nostro paese», sentendo però di potere «impegnarmi nella società per migliorarla e a favore della giustizia sociale, lottando contro la corruzione».
Ma a dare soddisfazione sono anche la possibilità di studiare e di raggiungere i propri obiettivi, la famiglia e lo «stare dalla parte del Signore perché ognuno di noi è meraviglioso e unico» e «condividere la fede con gli altri». Addolorano la perdita di un familiare, il fenomeno dell’aborto, la solitudine, le sofferenze altrui e l’essere presi in giro o non compresi.
Gesù piace perché «ama tutti, inclusi i peccatori, ed è morto per donarci la salvezza». La fede offre valori, ispira il proprio agire e crea armonia e gioia; viene vissuta nonostante «i dubbi, le tentazioni e le critiche subite».
I ragazzi keniani sentono di avere alle spalle comunità che li aiutano con la preghiera, la catechesi, il coinvolgimento e l’esempio di tante persone, stimolandoli a fare altrettanto nell’annuncio del Vangelo e nel servizio comunitario e verso chi è in difficoltà.
Alla Diocesi, infine, i giovani del Kenya chiedono di «essere coinvolti nei processi decisionali» e di continuare a «stimolare processi di ascolto come il Sinodo».