L’Amazzonia soffre. Il degrado ingravescente delle foreste amazzoniche

Gli studiosi stanno lanciando un forte segnale d’allarme sul deterioramento della foresta amazzonica.

L’Amazzonia soffre. Il degrado ingravescente delle foreste amazzoniche

L’Amazzonia, ovvero il più grande ed efficace “polmone verde” del nostro pianeta, le cui foreste pluviali ricoprono una superficie di circa sei milioni di Km2, che tocca ben nove Paesi (circa il 60% di essa si trova in Brasile). Questo gigantesco ecosistema, con i suoi alberi e la vegetazione al suolo, ogni giorno ci aiuta a respirare, trattenendo dall’atmosfera vaste riserve di carbonio (secondo alcuni studi, fino a 180 miliardi di tonnellate di carbonio, pari a circa 1/4 di tutto il carbonio rilasciato nell’atmosfera dall’inizio della rivoluzione industriale!). Ma non basta. L’Amazzonia costituisce anche uno degli ecosistemi più ricchi di biodiversità della Terra: si stima, infatti, che attualmente contenga almeno il 10% di tutte le specie vegetali e animali del mondo in un unico luogo. Qualche numero: almeno 60.000 specie di piante, 1.294 specie di uccelli, 380 di rettili 427 di anfibi, 419 di mammiferi, circa 3.000 di pesci, 3.000.000 di insetti e altri invertebrati. E ogni anno, in questo territorio, vengono scoperte centinaia di nuove specie. Insomma, un luogo “paradisiaco” e selvaggio al tempo stesso, sicuramente essenziale per l’equilibrio vitale del nostro Pianeta.
Ma… fino a quando? Gli studiosi stanno lanciando un forte segnale d’allarme sul deterioramento della foresta amazzonica: deforestazione, siccità, incendi e altri disturbi umani stanno affliggendo l’iconico ecosistema, ponendolo di fatto in bilico sull’orlo di un pericoloso precipizio. Lo certificano le conclusioni di due recenti ricerche (pubblicate sulla rivista “Science”), in base alle quali la maestosa Amazzonia si sta rapidamente trasformando, rischiando di collassare e diventare, di conseguenza, un nuovo tipo di ecosistema.
Secondo il primo studio, a degradare più di un terzo della foresta amazzonica sarebbero i disturbi causati dalle attività umane (incendi provocati, disboscamento selettivo, frammentazione dell’habitat), unitamente alla siccità, peraltro aggravata dai cambiamenti climatici. Più precisamente, questo studio pone il focus esclusivamente sul degrado, ovvero sulle attività che danneggiano la foresta senza eliminare tutti gli alberi dal paesaggio. Dunque, esso non considera la deforestazione, che elimina interamente un’area forestale (stime recenti suggeriscono che ben il 17% dell’Amazzonia è già stato disboscato). Va pure sottolineato che, anche se gli alberi rimangono in piedi, le foreste degradate sono spesso meno resistenti alle possibili perturbazioni. Ciò le espone a un rischio maggiore di morire e di trasformarsi in ecosistemi diversi, come le praterie. Le foreste degradate, inoltre, tendono anche a immagazzinare meno carbonio. Ebbene, i dati raccolti dai ricercatori mostrano come ben il 38% delle foreste amazzoniche soffra di una qualche forma di degrado.
Anche il secondo studio sottolinea il forte impatto dell’attività umana in Amazzonia. E’ evidente che le perturbazioni umane stanno alterando l’ecosistema centinaia o migliaia di volte più velocemente di quanto non facciano i processi naturali. In base ad un recente rapporto di valutazione, compilato dallo Science Panel for the Amazon (iniziativa del Sustainable Development Solutions Network delle Nazioni Unite), circa il 17% dell’Amazzonia originale è già stato deforestato, mentre circa il 14% è stato convertito in terreno agricolo. “Ci avviciniamo – scrivono gli autori del secondo studio – a un punto di svolta irreversibile per l’Amazzonia: la comunità mondiale deve agire ora. Fallire con l’Amazzonia significa fallire con la biosfera, e se non agiamo lo facciamo a nostro rischio e pericolo”.
Del resto, già da tempo gli scienziati ripetono allarmati che il collasso dell’ecosistema della foresta amazzonica causerebbe una catastrofe globale, sia per le specie viventi in esso ospitate, sia per un pericoloso aumento di anidride carbonica rilasciata in atmosfera. Alcune aree dell’Amazzonia, infatti, a causa del loro degrado, emettono più anidride carbonica nell’atmosfera di quanto ne assorbano, rischiando così di accelerare la progressione del cambiamento climatico globale. Gli studiosi, inoltre, temono che il continuo degrado dell’ecosistema amazzonico alla fine possa raggiungere un punto di non ritorno (pur se di difficile definizione), una sorta di soglia varcata la quale l’Amazzonia non possa più riprendersi dai fattori di disturbo. La conseguenza sarebbe la trasformazione profonda del suo habitat, da lussureggiante foresta pluviale a savana erbosa, un tipo di ecosistema più secco e molto meno ricco di biodiversità.

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Fonte: Sir