Adozioni internazionali. No a nuovi iter dall’Ucraina a causa della guerra

Sono 23 i bambini ucraini già abbinati a coppie italiane per l’adozione. Di questi 14 sono ancora in Ucraina, mentre 9 sono in Polonia. Costante il monitoraggio della Cai, ma c’è preoccupazione per il futuro. In Russia sei coppie di italiani, tra voli cancellati e circuiti bancari bloccati

Adozioni internazionali. No a nuovi iter dall’Ucraina a causa della guerra

La guerra in Ucraina non risparmia le adozioni internazionali. A farne le spese sono i bambini e le coppie adottive che in queste settimane hanno visto crescere ansia e preoccupazioni per il futuro, ma anche le complicazioni in percorsi che già di per sé sono ad ostacoli, soprattutto per quanto riguarda alcuni paesi coinvolti nell’attuale crisi internazionale. Difficoltà che non riguardano soltanto i 23 i minori ucraini già abbinati a coppie italiane per l’adozione e non ancora in Italia, ma che interessano anche le procedure in corso e quelle future in paesi come la Federazione Russa e la Bielorussia.  La Commissione per le adozioni internazionali (Cai), presieduta dal ministro per le Pari Opportunità e la Famiglia Elena Bonetti, intanto fa sapere che la situazione è costantemente monitorata, con una particolare attenzione a quello che sta succedendo in Ucraina. Nei giorni scorsi, infatti, un comunicato pubblicato sul sito della Commissione ha reso noto che la Cai “è al lavoro con i diversi ministeri competenti, al fine di perseguire il comune scopo di proteggere i minori coinvolti. Nello specifico ambito delle competenze della Cai, il lavoro della Commissione è senza sosta rivolto ai casi dei 23 bambini ucraini abbinati a coppie italiane per l’adozione”.  Attualmente nove dei 23 minori in questione, come tanti profughi ucraini, sono stati ospitati in Polonia, accompagnati dai direttori degli orfanotrofi ucraini e accolti in altre strutture. Altri 14 minori, invece, sono tuttora in Ucraina. Grazie al lavoro degli enti autorizzati che operano sul territorio, i minori stanno bene e sono in costante contatto con i futuri genitori adottivi.  Le procedure già avviate, quindi, non subiranno uno stop a causa della guerra - anche se la situazione sul campo resta molto fluida a causa dell’imprevedibilità del conflitto in corso -, ma sempre dalla Cai fanno sapere che con l’attuale crisi non verranno avviati nuovi iter dall’Ucraina, anche perché l’istituzione omologa alla Cai nel paese attualmente non è operativa. L’impegno delle istituzioni italiane a supporto delle famiglie adottive, intanto, è garantito. Allo scoppio della guerra, ad esempio, in Ucraina c’erano due coppie adottive, oggi tornate in Italia grazie alla collaborazione con il ministero degli Affari esteri. Meno complessa, ma non senza preoccupazioni per il futuro, la situazione delle adozioni internazionali provenienti dalla Federazione Russa. Le sanzioni e le restrizioni imposte dall’Unione europea nei confronti della Russia, al momento non hanno avuto ricadute sui percorsi adottivi. Tuttavia, la sospensione dei voli diretti verso la Russia e le restrizioni imposte sui circuiti bancari potrebbero causare non pochi disagi alle coppie adottive che - stando agli attuali accordi bilaterali tra i due paesi - devono recarsi ben tre volte nella Federazione per concludere il procedimento. Anche in questo caso, la situazione è monitorata dalla Cai e dagli enti operativi sul territorio. Attualmente, infatti, sono sei le coppie presenti nella Federazione Russa, sei coppie sono appena rientrate, mentre altre due coppie sono in attesa di partire. Stando alle statistiche fornite dalla Cai, Federazione Russa e Ucraina hanno da sempre rappresentato due importanti paesi di provenienza dei minori adottati da coppie italiane. Secondo l’ultima Relazione al Parlamento sulle adozioni internazionali 2018-2019, infatti, “la Federazione Russa si conferma negli anni il Paese a maggiore frequenza mantenendo dal 2004 al 2017 il primato assoluto, sebbene sia da annoverare tra le principali realtà che hanno risentito del calo adottivo”. Mentre l’Ucraina aveva fatto registrare il maggior numero di adozioni tra il 2001 e il 2003 “perdendo successivamente questo primato e arrivando negli ultimi quattro anni a collocarsi nelle ultime posizioni e comunque tra i primi quindici paesi di provenienza”. Dal 2001 ad oggi, infatti, le adozioni internazionali hanno subito dapprima una crescita importante fino a circa dieci anni fa, poi un brusco e continuo calo fino ai giorni nostri. “I motivi della caduta numerica dell’adozione internazionale si ravvisano soprattutto nella sospensione e nella chiusura delle frontiere adottive da parte dei Paesi di provenienza nel corso del tempo - si legge nella relazione al Parlamento -. Non è un mistero che alcuni Paesi hanno chiuso all’adozione perché hanno migliorato i canali interni dell’accoglienza”. I numeri delle adozioni internazionali, inoltre, hanno risentito parecchio della pandemia, con cifre dimezzate nel 2020 rispetto all’anno precedente. Nel 2021, tuttavia, si è intravisto uno spiraglio di ripresa, ma l’attuale crisi internazionale potrebbe segnare un’ulteriore battuta d’arresto, soprattutto per le adozioni riguardanti i paesi coinvolti dal conflitto. A risentire della pandemia, e con ogni probabilità anche della crisi in Ucraina per i paesi finora citati, anche i tempi procedimentali, già lunghi. “Nelle adozioni internazionali  - si legge nella Relazione al Parlamento - passano mediamente tre/quattro anni dal momento in cui si presenta domanda per ottenere l’idoneità a quello dell’autorizzazione all’ingresso in Italia dei bambini adottati”.Merita un discorso a parte, infine, la Bielorussia, dove gli iter adottivi sono di fatto in stand-by per ragioni che vanno al di là della pandemia e che hanno portato ad una interruzione di nuovi procedimenti già da prima della guerra in Ucraina. A pesare sulle nuove adozioni, i rapporti tesi tra Unione europea e il presidente Lukashenko. L’Unione europea, infatti, non ha riconosciuto i risultati delle elezioni presidenziali tenutesi in Bielorussia nell'agosto 2020 e già dall’ottobre dello stesso anno ha imposto misure restrittive nei confronti di questo paese. Lo stallo delle adozioni è ben evidenziato dai dati pubblicati dalla Cai: se nel 2019 sono 75 le adozioni andate a buon fine, nel 2020 queste risultano già in flessione con 35 casi. Nel 2021, infine, viene indicato un solo caso. Attualmente sono circa 200 le procedure pendenti in Bielorussia e l’attuale guerra - con l’appoggio da parte di Lukashenko a Putin - non fa che complicare le cose.Gianni Augello

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)