Agricoltura diplomatica. Uno strumento in più per valorizzare un patrimonio che ormai vale miliardi e lavoro

La proposta di un consigliere agricolo diplomatico è arrivata qualche giorno fa dalla ministra per le politiche agricole Teresa Bellanova.

Agricoltura diplomatica. Uno strumento in più per valorizzare un patrimonio che ormai vale miliardi e lavoro

Un consigliere agricolo d’ambasciata. In tempi complessi come questi, nei quali all’apparenza occorre pensare a ben altro, l’idea di dotare la nostra rete di rappresentanza diplomatica nel mondo di un addetto all’agroalimentare, potrebbe apparire superflua. Eppure, proprio adesso occorre guardare avanti e pensare anche a cosa mettere in campo per valorizzare e difendere le nostre vendite agroalimentari all’estero (che fra l’altro proprio in questi giorni iniziano a subire i contraccolpi dell’emergenza sanitaria). Al di là del contingente, poi, occorre tenere conto che il patrimonio miliardario accumulato dalle esportazioni agroalimentari italiani, va comunque tenuto in gran conto. E certamente tutelato anche diplomaticamente.

La proposta di un consigliere agricolo diplomatico è arrivata qualche giorno fa dalla ministra per le politiche agricole Teresa Bellanova che, parlando nel corso della presentazione del Piano Straordinario 2020 per la Promozione del Made in Italy alla Farnesina, ha spiegato: “Per portare sui mercati esteri un numero significativamente maggiore di imprese agroalimentari italiane e aiutarle ad operarvi in maniera stabile è necessario rafforzare la rete diplomatica all’estero con personale specializzato sulle tematiche agricole, la trasformazione alimentare, la tutela delle Indicazioni Geografiche e l’alimentazione sana e sostenibile. I nostri maggiori competitori già dispongono di esperti agricoli, veterinari e fitosanitari in diversi Paesi e regioni. È giunto il momento di dotare le nostre Ambasciate nei principali mercati del mondo di queste moderne professionalità”. Parole che parrebbero messe lì apposta in previsione del caos, anche nelle esportazioni, che di lì a poco sarebbe scoppiato. E’ infatti notizia quasi delle stesse ore, delle difficoltà nel commercio estero agricolo generate dal rischio fermo Tir ai nostri confini. L’allarme è stato lanciato da Coldiretti che ha spiegato: “Un crescente numero di Paesi mette vincoli sanitari ai propri cittadini che viaggiano in Italia. E in un paese come il nostro dove l’88% dei trasporti commerciali avviene su gomma la paura che blocca i Tir rischia di paralizzare l’intera filiera agroalimentare”. Proprio sui consiglieri agricoli degli altri Paesi, invece, ha puntato Confagricoltura che ha convocato in gran fretta i componenti del Gruppo O.S.C.A.R., l’Organismo Speciale Consiglieri Agricoli, per spiegare i problemi con i quali hanno a che fare le imprese agricole e soprattutto per confermare la “bontà” delle nostre produzioni.

Dietro all’emergenza, come si è detto, c’è comunque un tesoro che ormai vale 44,6 miliardi di euro grazie all’aumento nel 2019 del 7% delle vendite all’estero e che in termini generali, stando ai calcoli fatti dai coltivatori diretti, significa il 25% del Pil nazionale e lavoro per oltre 3,8 milioni di persone. Un traguardo che ha davvero dell’eccezionale e che dice tutto sulla capacità del comparto agroalimentare italiano di superare le difficoltà che non sono certo limitate all’emergenza sanitaria, ma riguardano aspetti come quelli legati alla logistica, agli accordi commerciali, alla burocrazia, alle intese internazionali. Senza dimenticare – come bene ricorda sempre la Coldiretti – le speculazioni in atto in alcuni Paesi e il gran mercato dei falsi prodotti tipici agroalimentari nostrani.

Un addetto agricolo d’ambasciata, dunque, per sostenere ulteriormente il consolidamento e la crescita di tutto questo. Un esperto, che possa favorire l’incontro di domanda e offerta, promuovere con capacità e conoscenza del settore il buon nome dell’agroalimentare italiano nel mondo, essere il riferimento di un patrimonio fatto di storia e cultura della produzione agricola che si trasformano sempre di più in lavoro diffuso e tutela attiva del territorio. Un aspetto dell’Italia, questo, che tutti ci invidiano e che dobbiamo imparare a valorizzare ancora di più.

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Fonte: Sir