Alla riscoperta del Decameron. Un'opera che è anche il tentativo di curare l’abisso del caos con l’ordine della parola e della fede

Come l’opera di Boccaccio, ritenuta a torto blasfema e anticristiana, può ancora oggi rappresentare un argine e una cura contro il disordine morale e il non-senso.

Alla riscoperta del Decameron. Un'opera che è anche il tentativo di curare l’abisso del caos con l’ordine della parola e della fede

“Pervenne la mortifera pestilenza, la quale o per operazion de’ corpi superiori o per le nostre inique opere da giusta ira di Dio a nostra correzione mandata sopra i mortali, alquanti anni davanti nelle parti orientali incominciata, quelle d’innumerabile quantità di viventi avendo private, senza ristare d’un luogo in un altro continuandosi, inverso l’Occidente miserabilmente s’era ampliata”.
Non è una cronaca delle origini della pandemia che ha cambiato – e sconvolto – i nostri giorni da un anno a questa parte “tradotta” scherzosamente nel linguaggio trecentesco, semmai il contrario: è Giovanni Boccaccio che ci narra l’origine, gli effetti, la lenta diffusione da oriente ad occidente di quella peste che sconvolse l’Europa a partire dal 1348 per circa sette anni e che impose il triste tributo di un terzo della popolazione del continente.

L’apparente insensatezza di questa catastrofe, stavolta non originata da guerre, ha però incontrato argini, come quelli del sacrificio, della cura per l’altro, anche attraverso la memoria, l’affabulazione, il racconto che riporti l’ordine perduto, il senso. Finito per molti nel 1351, secondo altri due anni dopo, il Decameròn (l’accento era sull’ultima sillaba) è anche il tentativo di curare l’abisso del caos con l’ordine della parola, del ricordo, della misura, della fede.

Un po’ il contrario di quello che una certa filmografia e una approssimativa letteratura ci hanno insegnato: ma come, l’opera che attacca la Chiesa, i preti, che parla solo di sesso e tradimenti, specchio della virtù e della fede celebra la “cura” della fede? Eppure è così. A patto di ricordare che anche padre Dante aveva messo Papi e alti rappresentanti del clero all’inferno; non solo: a differenza di Boccaccio, anche fuori i confini della fictio narrativa, nella polemica – e nella politica – reale, aveva aperto salati conti con quella parte della Chiesa che andava contro i suoi principi, esposti nel “De monarchia”, di netta separazione tra papato e impero. E anche a patto di capire che i tempi erano ulteriormente cambiati: la borghesia dei commerci aveva sempre più corroso gli ultimi privilegi dell’aristocrazia, anche in campo culturale, dove all’idealismo dello stil novo era andato sovrapponendosi il racconto degli amori reali, della sessualità, dell’interesse. Senza dimenticare però le basi del vivere civile e dello spirito. Solo che anche l’altra metà, il corpo, si stava (ri)facendo largo dopo la rimozione dell’alto medioevo, senza voler per questo cancellare l’anima, ponendo così le basi per la grande stagione rinascimentale. Ecco spiegata la strana fama del Decameron, scritto peraltro da uno destinato a divenire chierico “con cura di anime” secondo la bolla di Innocenzo VI del 2 novembre 1360.

Anche perché nella sua opera maggiore Boccaccio non dimentica né l’amore cortese (ad esempio in Federigo degli Alberighi) né l’ordine superiore divino inteso come modello di ogni cosa: pochi hanno sottolineato che lo “sconcio” Decameron inizia in una chiesa, Santa Maria Novella a Firenze, dove sette fanciulle decise ad andarsene non solo dalla peste, ma dal disordine civile da essa scatenato, incontrano tre giovani con i quali ricreano un microcosmo in cui regnano il rispetto tra i sessi, la preghiera e la riaffermazione del divino (il venerdì e il sabato sono dedicati alla penitenza).

Ancora una volta l’ameno giardino come ricordo archetipico (che tornerà con grande forza in Milton, Chesterton, Marilynne Robinson), e poi la civile convivenza tra i sessi, con un piano preciso di nette separazioni, di collaborazione, di lavoro, di dialogo, e la consapevolezza che solo l’ordine può arginare la fascinazione del caos e del non-senso: tutti elementi che ancora oggi possono essere d’aiuto per consentirci di attraversare il nuovo deserto della malattia.

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Fonte: Sir