Bologna, grave emarginazione adulta: 3.753 persone in carico ai servizi

Il bilancio di Comune e Asp Città di Bologna per il 2020. L’80% degli homeless sono uomini e hanno tra 30 e 64 anni, ma sulle donne pesa uno stato di fragilità spesso superiore. L’assessore Barigazzi: “La collaborazione tra pubblica amministrazione, terzo settore e società civile deve diventare un sistema”

Bologna, grave emarginazione adulta: 3.753 persone in carico ai servizi

Nel 2020 a Bologna sono state 3.753 le persone che sono entrate in contatto con il servizio di contrasto alla grave emarginazione adulta. Erano state 3.610 nel 2018 e 2.524 nel 2019. Sono per la grande maggioranza uomini (80 per cento), ma sulle donne incide uno “stato di fragilità molto spesso superiore poiché provengono da percorsi di vita molto più complessi, caratterizzati da episodi di violenza, esclusione, allontanamento dai figli o dal nucleo familiare”. Numeri e analisi sono del Comune di Bologna e dell’Asp Città di Bologna, che insieme tracciano il bilancio delle azioni compiute nell’ultimo triennio a favore delle persone senza fissa dimora attraverso il servizio gestito operativamente dal consorzio di cooperative sociali L’Arcolaio.

Il servizio di contrasto alla grave emarginazione adulta si rivolge ad adulti, italiani e stranieri che “non hanno una casa nel senso più esteso del termine, cioè non hanno un tetto, un sistema di relazioni, un luogo dove incontrare altre persone, non hanno strumenti per costruirsi rapporti sociali”. Otto su 10 hanno tra 30 e 64 anni, sono uomini e donne, singoli e coppie, che vivono in modo temporaneo o permanente sul territorio del Comune di Bologna, anche se “la geografia dell’homelessness si sta diffondendo anche nel territorio metropolitano”. Sono persone che condividono situazioni di sofferenza, fragilità e solitudine, dovute a ragioni diverse: sono molto giovani e non hanno casa; sono anziani; sono persone senza regolare permesso di soggiorno; persone Lgbtqi; persone con problemi di abuso e dipendenza da sostanze; persone che hanno bisogni socio-sanitari urgenti; persone appena dimesse da strutture sanitarie ma non sanno dove andare; donne vittime di abusi e violenze. Tre su 10 sono italiani, due su 10 vengono da Paesi europei (soprattutto dall’est Europa), gli altri da più lontano.

Le pratiche di contrasto alla grave emarginazione adulta prevedono molteplici servizi con un obiettivo trasversale e primario: il ripristino e lo sviluppo di capacità e competenze, il potenziamento delle autonomie personali e della partecipazione, affinché le persone senza dimora possano integrarsi nuovamente. Tutti i servizi del Comune di Bologna, gestiti da Asp Città di Bologna insieme al consorzio L’Arcolaio, mettono al centro la persona e cercano di favorire l’assunzione di responsabilità, la fiducia e la stima di sé, “dando gli strumenti per tornare a camminare da soli”. Si va dai servizi di prossimità e a bassa soglia di accesso (help center, servizio docce, unità di strada) alle strutture di accoglienza temporanea (circa 120 posti); dalle strutture di accoglienza notturna (circa 260 posti) al progetto “Housing first” (che gestisce inserimenti in appartamenti indipendenti per 74 persone); dai laboratori di comunità agli interventi rivolti ai nuclei e agli adulti singoli di etnia sinta all’interno delle aree sosta; dai servizi dell’area esecuzione penale rivolti ai detenuti (all’interno del carcere e per chi è in uscita) fino al piano freddo di comunità. A questi si affianca il servizio sociale a bassa soglia che si occupa di persone adulte che stanno attraversando un momento di difficoltà dovuto a una mancanza di risorse o di riferimenti significativi, che si trovano a Bologna temporaneamente e si rivolgono all’help center.

Il triennio 2018-2020 è stato particolarmente intenso anche a causa delle misure imposte dalla pandemia, che inevitabilmente ha costretto il sistema dei servizi a una revisione dei comportamenti consolidati (per esempio, l’ingresso dei volontari nelle strutture al momento dei pasti) e della logistica. La gestione sanitaria è stata più facile con gruppi più ridotti di persone, per questo la prima sfida è quella di differenziare e moltiplicare i luoghi di accoglienza, privilegiando le piccole strutture.

Di particolare importanza la costruzione di alleanze sul territorio e la collaborazione con il volontariato, l’associazionismo e i singoli cittadini (durante l’inverno scorso, si potevano segnalare via e-mail situazioni di fragilità in strada): “aiutano a sentirsi accolti e parte di una comunità”. L’integrazione socio-sanitaria è un altro punto da ampliare, e l’esperienza del Covid lo ha confermato, visto il dialogo costante con il Dipartimento di Sanità pubblica dell’Azienda Usl di Bologna. In generale, le persone in difficoltà hanno spesso bisogno di cure sanitarie, quindi un percorso che tenga insieme le diverse esigenze è la ricetta migliore.

“Il futuro continua ad andare nella direzione del welfare di comunità – commenta l'assessore a Sanità e welfare del Comune di Bologna, Giuliano Barigazzi – dove la collaborazione tra pubblica amministrazione, terzo settore e società civile è rappresentata dalla co-progettazione, dalla fiducia reciproca, dagli obiettivi condivisi. Questa collaborazione deve diventare un sistema, deve costituire un metodo sistematico per la costruzione delle politiche di welfare per la nostra comunità”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)