Comunità islamiche e fase 2, “chiediamo misure ad hoc per pregare nei centri”

Dopo la richiesta della Cei, arriva anche quella dell’Unione delle comunità islamiche in Italia. Lafram: “Rispettiamo le norme ma servono protocolli per riaprire i centri di culto”. E su riti funebri islamici promuove Bologna: “Molti cimiteri non accolgono le salme di altre religioni”

Comunità islamiche e fase 2, “chiediamo misure ad hoc per pregare nei centri”

“È importante continuare a rispettare le disposizioni del governo per superare questa situazione di emergenza, ma chiediamo fermamente che vengano messe a disposizione il prima possibile delle misure ad hoc che permettano ai fedeli di partecipare alle preghiere congregazionali in condizioni di sicurezza. Basta con questa vaghezza, servono certezze per i nostri fedeli che stanno vivendo il Ramadan in lutto”. A parlare è Yassine Lafram, presidente di Ucoii, l’Unione delle comunità islamiche in Italia. Dopo la presa di posizione della Cei, smussata dalla parole di Papa Francesco, arrivano le richieste della comunità musulmana. Il dpcm presentato lo scorso 26 aprile, infatti, non prevede la possibilità di recarsi nei luoghi di culto per pregare. “Per questo motivo chiediamo dei protocolli che regolarizzino le preghiere nei centri di culto in tutta sicurezza, come peraltro anticipato dal premier in conferenza stampa”. Giuseppe Conte, infatti, ha annunciato che nei prossimi giorni il governo studierà un protocollo per consentire quanto prima la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche in condizioni di massima sicurezza (a oggi si parla dell’ipotesi di ricominciare a celebrare messe dal 10, almeno all’aperto, ndr).

Al netto delle richieste avanzate, Lafram ricorda a tutti i presidenti e referenti delle comunità a mantenere responsabilmente i centri di culto chiusi fino a nuove direttive, richiamando le disposizioni emergenziali comunicate a gennaio e ancora valide. “Le uniche funzioni religiose consentite dalle nuove disposizioni saranno i funerali, che devono essere ristretti a una cerchia di parenti fino a un massimo di 15 persone. Stiamo entrando nella fase di convivenza con il virus, è necessario quindi mantenere la distanza sociale e utilizzare i dispositivi di protezione individuale anche nelle future cerimonie religiose, al fine di scongiurare nuovi picchi di contagi. Siamo consapevoli che il Ramadan in quarantena, senza le consuete preghiere di comunità, sia difficile e inusuale, ma dobbiamo continuare a essere pazienti per tutelare la vita dei più deboli e tornare alla normalità quanto prima”.

Nei giorni scorsi, in commissione consiliare, Lafram era anche intervenuto sul tema dei riti funebri islamici nell’emergenza coronavirus per promuovere le azioni messe in campo a Bologna: “Se a livello nazionale si registra un problema grossissimo, la città di Bologna rappresenta invece una ‘buona pratica’ che fa da esempio. Secondo il nostro censimento, a livello nazionale solo una cinquantina di cimiteri hanno spazi dedicati ai musulmani. Spesso i regolamenti comunali sono molto restrittivi: per esempio, può essere seppellito solo chi è residente in quella specifica città”. Bologna, sottolinea Lafram, ha risposto molto bene: c’è un campo dedicato nel cimitero di Borgo Panigale e le maglie sono più larghe perché è disponibile per chi ha la residenza nell’area metropolitana, per chi è nato sotto le Due Torri anche se poi si è trasferito e per chi è deceduto a Bologna mentre era solo di passaggio. “Per quanto riguarda poi la situazione attuale, ci sono Comuni che vietano le cerimonie anche per poche persone – segnala Lafram – pur essendo quello islamico un rito molto semplice che potrebbe durare anche cinque minuti: si tratta di accompagnare il defunto nel campo e fare un momento di preghiera. Di nuovo, a Bologna non abbiamo riscontrato problemi particolari, siamo riusciti ad accompagnare i defunti in questa ultima fase di passaggio”. 

Ambra Notari

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)