In cammino verso la guarigione. La sorprendente attualità di “Il lupo della steppa” di Hermann Hesse

Nulla è come sembra, il racconto di un emarginato, prima ancora da se stesso che dagli altri, è un triste ritorno, dopo l’illuminazione indiana, nella Germania sei anni prima della presa del potere da parte di Hitler

In cammino verso la guarigione. La sorprendente attualità di “Il lupo della steppa” di Hermann Hesse

“E la fine di tutto ciò sarà di nuovo la guerra, la guerra futura che sarà probabilmente più orrenda di quella passata (…). E così si andrà avanti e la prossima guerra è preparata giorno per giorno con ardore da molte migliaia di uomini”.

Sembrano parole del nostro triste oggi, eppure sono state scritte nel 1927 da un uomo che aveva girato il mondo e inseguito i sogni reali di san Francesco e di Siddharta, alla ricerca dell’autenticamente umano. “Il lupo della steppa” di Hermann Hesse sembra però, da altri punti di vista, scritto prima di quella data: il diario di un uomo in fuga da se stesso, spezzato a metà, anzi, in mille pezzi in una società in cui “si direbbe che il mondo è un paradiso, salvo che ci sono una dozzina di milioni di uccisi sottoterra” potrebbe essere la testimonianza di un lupo solitario che cerca la sua strada per poi trovarla nella contemplazione e nel sì alla vita di Siddharta. La storia del giovane che abbandona la ricchezza per dedicarsi alla contemplazione è stata scritta in realtà cinque anni prima. Nulla è come sembra, il racconto di un emarginato, prima ancora da se stesso che dagli altri,  è un triste ritorno, dopo l’illuminazione indiana, nella Germania sei anni prima della presa del potere da parte di Hitler: una terra stanca, rassegnata, in cui i barlumi di modernità sono quelli del piacere fine a se stesso, dove i tentativi di ripresa economica si sono tradotti in materialismo, con l’antico spirito di Goethe messo da parte in un cammino inesorabile verso l’alienazione e il cedimento ai miti che porteranno al disastro della seconda guerra mondiale.

Harry Haller -si noti il gioco delle iniziali identiche a quelle dello scrittore- si è perduto in una realtà che non è più la sua. Si è appena lasciato alle spalle le stragi della Grande Guerra per accorgersi che non sono servite a nulla, che quella dell’uomo è carne da macello perché ha perduto ciò che è parte integrante della vita, lo spirito. Il mondo della civiltà è diventato un cimitero, e “Gesù Cristo e Socrate, Mozart e Haydn, Dante e Goethe non vi sono che nomi sbiaditi” in una terra che ha dimenticato i messaggi di pace universale, di spiritualità e di amore per dedicarsi ai piaceri unicamente materiali: senza accorgersi di star scivolando, in una colpevole e complice sonnolenza dello spirito, verso una nuova stagione di morte per tutti, bambini e vecchi indifesi compresi.

Il protagonista è diventato estraneo a tutto. Solo nei bassifondi della città incontra una donna che la morale farisaica chiamerebbe equivoca e un suonatore di sassofono che gli fanno capire come la cultura fine a se stessa serva solo a immobilizzare l’anima in uno sterile isolamento. Il ritorno ai gusti semplici, alla canzone, al ballo, all’accettazione dell’amore nella diversità segna una parte del cammino di guarigione in cui compaiono come personaggi reali anche Goethe e Mozart.

Ritroviamo quello che il viaggiatore solitario sembrava essersi lasciato alle spalle: il viaggio in Italia che lo aveva portato ad Assisi a penetrare profondamente il messaggio francescano tanto da scriverci un libro, e poi la ricerca in India, dove era stato missionario il padre, e dove era nata la madre. Il lupo solitario può ricominciare a cercare, perché l’altro non è mai quello che noi pensiamo e perché lo spirito divino continua a mandare il suo soffio sulla terra delle guerre e dei colpi di stato.

Il lupo della steppa, scrive lo stesso Hesse nella nota finale, “rappresenta, sì, una malattia e una crisi, ma non verso la morte, non un tramonto, bensì il contrario: una guarigione”.

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Fonte: Sir