Quante bollicine nella birra? La quantità di bollicine, in media, dovrebbe oscillare tra 200.000 e 2 milioni

I ricercatori francesi, oltre a contare le bollicine, hanno anche voluto misurare la quantità di anidride carbonica presente nella birra versata dolcemente dalla bottiglia nel bicchiere.

Quante bollicine nella birra? La quantità di bollicine, in media, dovrebbe oscillare tra 200.000 e 2 milioni

La primavera è ormai inoltrata e il caldo della bella stagione avanza, facendoci pregustare piccoli momenti di relax “simil-estivi”. Come, ad esempio, l’opportunità di gustare la impareggiabile magia di un tramonto sul mare, magari sorseggiando un bicchiere di buona birra (ovviamente fresca al punto giusto). E mentre il nostro sguardo fa “ping-pong” tra il sole decadente e la schiuma della nostra birra, pian piano potrebbe sorgere (in realtà, l’eventualità è del tutto remota) spontanea una domanda: ma, di solito, quante bollicine si formano in un bicchiere di birra? L’interrogativo può apparire alquanto bizzarro; tuttavia, sembra interessare la scienza, tanto che alcuni studiosi della Université de Reims Champagne-Ardenne, in Francia, coordinati da Gérard Liger-Belair e Clara Cilindre, hanno provato a dare una risposta: le fatidiche bollicine, in media, dovrebbero oscillare tra 200.000 e 2 milioni. La quantità individuata si riferisce alle bollicine che si formano e risalgono in superficie creando la schiuma, in 250 millilitri di birra versata in un bicchiere, alla temperatura di servizio di 6 °C, fino a quando la bevanda si sgasa. Per essere molto precisi (forse troppo!), si trattava di una birra “Lager”, ovvero di un tipo di birra a bassa fermentazione, che impiega nel processo lieviti del ceppo Saccharomyces carlsbergensis, prediligendo temperature di fermentazione basse (intorno a 10 °C), e che durante il processo si deposita sul fondo del tino (da qui la dicitura “a bassa fermentazione”). Ma – ci si potrebbe chiedere – quante sarebbero le bollicine prodotte se invece si trattasse di una birra del tipo “ale”, ovvero una birra che usa lieviti ad alta fermentazione (Saccharomyces cerevisiae), i quali durante il processo risalgono sulla superficie del tino e prediligono invece temperature più alte (intorno a 20 °C)? Beh, francamente… non ci sembra una così questione cruciale!

I ricercatori francesi, comunque, oltre a contare le bollicine, hanno anche voluto misurare la quantità di anidride carbonica presente nella birra versata dolcemente dalla bottiglia nel bicchiere. Questo gas si forma nella fermentazione: gli zuccheri, presenti nei cereali da cui si ottiene la birra, vengono convertiti dall’azione dei lieviti in alcol e anidride carbonica (alcune birre, però, possono essere addizionate di gas come le bibite). L’anidride carbonica rimane disciolta nel liquido, a causa dell’alta pressione presente all’interno di bottiglie, lattine o fusti, ma si “libera” dopo la stappatura. A questo punto entra in gioco il bicchiere che usiamo, con le sue invisibili imperfezioni e cavità (grandi pochi micrometri, cioè millesimi di mm) presenti sulla parete interna; queste funzionano come punti di raccolta dove l’anidride carbonica si aggrega e forma le bollicine che risalgono in file ordinate. Naturalmente, più imperfezioni ci sono sul vetro, più bolle si creano. La loro dimensione, invece, dipende dal tipo di bicchiere: se è alto, si formano bollicine più grosse, dato che il loro diametro aumenta mentre salgono verso la superficie.

A quanto pare, comunque, il ricercatore GérardLiger-Belair è davvero un appassionato di questa tipologia di studi, visto che già in precedenza si era cimentato nel conteggio delle bollicine che si possono formare in un calice con 100 ml di champagne: ben 1 milione (e anche molte di più, se si ha cura di versarlo gentilmente, tenendo il bicchiere inclinato, per preservare così l’anidride carbonica disciolta)! Inoltre, le bolle dello champagne sono più grandi, con un diametro medio di circa un millimetro, mentre quelle della birra arrivano a circa mezzo millimetro quando raggiungono la superficie del boccale.

Interessante, chi l’avrebbe mai detto? Sarà “utile” ricordarsene, davanti al prossimo boccale, mentre il sole tramonta incantando il nostro sguardo.

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Fonte: Sir