Senza dimora, come rispondere ai nuovi bisogni (nell’emergenza Covid)

Un bilancio del progetto “Inside”, che dal 2016 implementa interventi innovativi per contrastare la grave emarginazione adulta in tredici comuni dell'Emilia-Romagna. Schlein: “Oggi si stanno affiancando vecchie e nuove povertà: vogliamo costruire politiche innovative e flessibili per adattarsi al nuovo contesto”

Senza dimora, come rispondere ai nuovi bisogni (nell’emergenza Covid)

 Potenziare il lavoro di rete per contrastare la marginalità estrema, progettare interventi di lungo periodo per i senza dimora e aumentare la conoscenza del fenomeno. Sono gli obiettivi del progetto Inside – Interventi strutturati e innovativi per contrastare la grave emarginazione adulta senza dimora in Emilia-Romagna”, che dal 2016 ha permesso l’implementazione in Regione di diversi servizi in tredici Comuni. I risultati del progetto, finanziato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali con risorse di due fondi europei – Pon inclusione e Fead (Fondo Europeo di Aiuto agli indigenti) – per un totale di 2 milioni 900 mila euro, sono stati raccontati nel seminario online “Interventi di contrasto alla grave emarginazione adulta e senza dimora. Esperienze e nuove prospettive del progetto regionale Inside”, promosso oggi dalla Regione Emilia-Romagna e Art-Er.

“Il primo obiettivo del progetto è stato quello di costruire una governance e potenziare il lavoro di rete sul tema della marginalità estrema, per creare un luogo competente di confronto e programmazione e scambiarsi esperienze – spiega Monica Raciti, responsabile del Servizio politiche per l'integrazione sociale, il contrasto alla povertà e terzo settore della Regione Emilia-Romagna –. Le persone senza dimora sono portatrici di bisogni molto complessi. Per questo, il progetto ha provato a ragionare su una visione integrata degli interventi: abbiamo quindi avviato un tavolo congiunto con le istituzioni, il terzo settore e i servizi sanitari. La grande sfida è stata quella della co-progettazione, per consolidare una logica di condivisione nella costruzione di risposte innovative”.

Per uscire dalla logica emergenziale legata al piano freddo, il progetto è stato portato avanti attraverso una programmazione annuale, per pianificare i servizi a lungo termine e lavorare anche sulla prevenzione del disagio. Un grande sforzo è stato fatto inoltre per aumentare la conoscenza del fenomeno delle persone senza dimora: “Oggi stiamo lavorando sulla costruzione di un sistema informativo regionale – continua Raciti – con un flusso dati nominativo, nel rispetto della privacy e dell’anonimità, che ci consentirà di conoscere meglio l’offerta dei servizi sul territorio e di capire quante persone sono state prese in carico, da che tipo di servizi e con quali esiti”.

I beneficiari del progetto Inside hanno situazioni molto eterogenee: c’è chi dorme in strada, chi in macchina, chi vive in case abbandonate. Alcuni vengono da lunghi periodi sulla strada, altri invece ci sono finiti da poco. La fascia di età più rappresentata è quella che va dai 30 ai 65 anni, ma ci sono anche ragazzi dai 18 ai 25 anni, soprattutto stranieri, molti dei quali privi di permesso di soggiorno. E poi ci sono le donne: alcune hanno concluso da poco una relazione violenta, altre sono migranti, o ex badanti che hanno perso il lavoro. L’elemento comune è sempre lo stesso: la solitudine.

“La coda delle conseguenze economiche e sociali di questa pandemia sarà lunga: è una pandemia che sfida soprattutto la socialità, l’incontro e il confronto, e sta mettendo a dura prova proprio il terzo settore, che su questo si basa – commenta Elly Schlein, vicepresidente della Regione Emilia-Romagna –. È necessario ridare una tridimensionalità ai bisogni delle persone, tenendo conto di tutti gli aspetti: dal bisogno abitativo al bisogno sanitario, fino bisogno di salute mentale, troppo spesso sottovalutato. Oggi si stanno affiancando vecchie e nuove povertà: vogliamo costruire politiche innovative, per rendere alcuni strumenti di intervento più flessibili ad adattarsi ai nuovi bisogni. Siamo consapevoli che questo momento di feste, così segnate dalla pandemia, rischia di essere un periodo di ancora maggiore solitudine. Dobbiamo evitare che le distanze fisiche diventino distanze sociali”.

A causa dell’emergenza Covid, molte persone che prima non avevano mai chiesto aiuto ai servizi ora si sono rivolte a mense e sportelli. La Caritas Emilia-Romagna ha registrato un forte aumento delle richieste: da gennaio ad agosto di quest’anno, sono stati distribuiti oltre 100 mila pasti e realizzati oltre 16 mila colloqui. “Ci siamo dovuti adattare alla situazione straordinaria in cui ci siamo trovati – racconta Isabella Mancino di Caritas Emilia-Romagna –. Durante il lockdown, abbiamo realizzato colloqui telefonici, in estate ci siamo spostati all’esterno, sotto i gazebo, mentre ora che è tornato il freddo manteniamo il distanziamento dato dal plexiglas. Caritas non si è mai fermata: il bisogno alimentare è stato quello preponderante in questo periodo, e sono quadruplicate le consegne di pasti a domicilio, per ridurre al minimo i contatti. Ogni tipo di servizio ha dovuto adattarsi: le docce per i senza dimora oggi seguono protocolli di sanificazione speciali e vengono acquistati prodotti specifici per l’igiene del corpo; i vestiti usati, prima di essere distribuiti, vengono lasciati ‘in quarantena’ per alcune settimane; sono state avviate convenzioni con medici e dentisti, con la distribuzione gratuita di farmaci da banco e di mascherine. Durante il lockdown, la nostra rete di volontari si è potenziata e sono nati nuovi progetti: pur nel dramma, abbiamo riscontrato una forte solidarietà diffusa”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)