Siccità, non è certo finita. L’andamento climatico continua a complicare la vita degli agricoltori

Ristori immediati e investimenti in infrastrutture sempre più necessari. 

Siccità, non è certo finita. L’andamento climatico continua a complicare la vita degli agricoltori

Piogge pazze e gran secco. Il tema del cambiamento climatico che sta colpendo il nostro Paese – e l’agricoltura in particolare -, non si è certo esaurito e, anzi, minaccia di aggravarsi. Con tutte le conseguenze del caso in termini di problemi lungo la filiera agroalimentare.

L’istantanea più affidabile della situazione è stata scattata pochi giorni fa dalla Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (Anbi) che monitora costantemente il grado di riempimento dei bacini artificiali e naturali e dei fiumi. “Piove finalmente a Nord Ovest, ma è dichiarato lo stato di siccità severa nel Centro Italia ed in Calabria”, ha quindi sottolineato in una nota l’organizzazione dei consorzi che ha aggiunto: “Il Paese si conferma a più velocità anche nelle disponibilità d’acqua”. Così, in alcune aree dove si sono scatenate le piogge (provocando anche diversi danni), laghi e fiumi si sono improvvisamente riempiti, in altre il secco ha continuato ad imperversare. “A secco – ha spiegato l’Anbi -, è rimasta la pianura Padana”. Viene poi aggiunto dai tecnici: “Nonostante un quadro complessivamente migliorato al Nord, resta grave la condizione del fiume Po, le cui portate addirittura calano al rilevamento finale di Pontelagoscuro, restando al di sotto del minimo storico mensile con un deficit del 72% sulla media storica”. E non basta, perché sempre l’Anbi ha sottolineato come la situazione si sia intanto aggravata nel Centro Italia e in molte aree del Mezzogiorno.

Ma cosa significa tutto questo per l’andamento delle produzioni agricole e agroalimentari?

Prima di tutto, viene fatto rilevare da molti, l’assoluta incertezza sull’esito di molte coltivazioni e, spesso, sulla possibilità di seminare le nuove colture. E’ cosa di pochi giorni fa, a questo proposito, l’allarme lanciato da Coldiretti circa gli effetti congiunti del caldo e della siccità sui lavori di semina che in questo periodo dovrebbero essere nel loro pieno svolgimento. Il dettaglio della situazione è spiegato dai coltivatori in questo modo: “Preoccupa con il caldo che sta provocando l’allungamento della fase vegetativa delle piante con il rischio di far ripartire le fioriture, con il pericolo di esporle ai danni di un prevedibile successivo abbassamento delle temperature e la conseguente diminuzione del potenziale produttivo delle coltivazioni. Ma nelle campagne gli effetti si fanno sentire anche – precisa la Coldiretti – per i parassiti che sono rimasti attivi con le temperature miti e attaccano più facilmente le colture ancora in campo, come avviene peraltro nelle città dopo sono ancora diffuse zanzare e mosche”. Mentre un accenno particolare è già stato fatto per quanto riguarda il grano le cui semine in molte aree dello Stivale sono un’incognita. Sempre pensando agli effetti di quanto sta accadendo, i coltivatori fanno l’esempio del Po. “Il grande fiume italiano, che al ponte della Becca alla confluenza del Ticino si presenta con le rive ridotte a spiagge, è fondamentale per l’ecosistema della pianura padana dove si concentra il 30% della produzione agricola nazionale e la metà dell’allevamento che danno origine alla food valley italiana conosciuta in tutto il mondo”.

Torna così, in termini generali, quanto già più volte indicato in questi giorni: solo dall’inizio dell’anno e per per gli eventi legati al clima, le perdite produttive dell’agricoltura italiana arrivano a circa sei miliardi, il 10% della produzione in valore. Ma, al di là dei conti sui danni (pur sempre da prendere con grande cautela), è importante capire cosa fare. La necessità di interventi di ristoro economico immediato e di investimento a medio e lungo periodo sulle infrastrutture irrigue, appaiono essere le due strade da percorrere.

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Fonte: Sir