Stecca o boccette? Quel che conta è la passione

In un anno, e nonostante il lockdown, il movimento del biliardo paralimpico ha preso anima e corpo. Da Nord a Sud della Penisola, varcando anche i confini nazionali

Stecca o boccette? Quel che conta è la passione

Nello sport si sa che il vero motore di tutto è spesso (se non sempre) la passione. Ed è proprio da questa che nasce il movimento del biliardo in carrozzina. Avviato all’inizio dello scorso anno sotto la spinta di Luca Bucchi, tornato a giocare dopo un incidente e il lungo periodo di riabilitazione, e da Roberto Dell’Aquila, operatore sociale, il “Progetto wheelchair” è riuscito in pochi mesi, grazie all’entusiasmo dei suoi promotori e grazie ai social, a espandersi e a raggiungere tantissimi appassionati di questo sport. Tanto che la Federazione italiana biliardo sportivo (Fibis), nell’ottobre 2019 ha inserito, per la prima volta nella storia di questa disciplina, alcuni giocatori in carrozzina nei gironi regionali del campionato nazionale, specialità pool, creando una sezione wheelchair. La tenacia di Bucchi e Dell’Aquila, e la collaborazione del responsabile pool – nonché consigliere federale – Michele Monaco, hanno fatto sì che poco a poco il movimento, nato e partito dal Lazio, si espandesse poi su tutto il territorio nazionale. Fino a quel momento erano molto pochi i giocatori in carrozzina iscritti alla federazione che disputavano campionati. Con la firma del protocollo d’intesa, un anno fa, tra il Comitato italiano paralimpico (Cip) e la Fibis, il mondo della disabilità è entrato a pieno titolo nell’attività sportiva della federazione. Il protocollo si pone l’obiettivo di massimizzare lo sviluppo del biliardo e delle attività sportive promozionali e agonistiche nazionali e internazionali di tutte le specialità (stecca, carambola, pool, snooker, boccette) per gli atleti con disabilità fisica. Il documento ha quindi attivato l’iter per l’inserimento della Fibis tra le federazioni paralimpiche e l’avvio del piano di sviluppo dell’attività, le necessarie certificazioni mediche, le classificazioni degli atleti e la formazione dei tecnici.

«La possibilità di poter annoverare tra i nostri atleti anche giocatori paralimpici», commenta il presidente della Fibis Andrea Mancino, «rappresenta per noi una soddisfazione ed è motivo di orgoglio. Il biliardo è uno sport che può essere praticato da tutti. Questo protocollo ci consentirà di aprire, oltre alla parte sportiva, anche la parte sociale che la federazione svolge all’interno delle scuole e che da adesso in poi potrà svolgere in collaborazione con il Cip anche nelle strutture di riabilitazione». Un lavoro di sinergia, quindi, sotto tutti i punti di vista: pratico, istituzionale e anche di diffusione. Un crescendo che, dai quattro giocatori che avevano partecipato al primo esperimento sul campo a Roma nella prima giornata del campionato girone Lazio, già alla quarta prova aveva visto aggiungersi altri due giocatori abruzzesi e un nuovo giocatore romano. A partire dalla quinta giornata è partito anche il girone Abruzzo, forte di cinque giocatori. Il lockdown, purtroppo, ha poi fermato la pratica sportiva, ma non il movimento che, complice soprattutto Facebook, si è ritrovato ad avere contatti non solo con tantissimi giocatori paralimpici stranieri, ma anche con tanti appassionati che si erano allontanati da questo sport a causa della propria disabilità. Dopo il lungo periodo di sospensione, i giocatori sono rientrati nelle sale da biliardo e hanno ripreso gli allenamenti. E grazie all’intensa attività promozionale, che mai si era arrestata nei mesi precedenti, altri nuovi giocatori si sono quindi uniti al nucleo iniziale, in diverse città.

Oggi il movimento del biliardo paralimpico in Italia conta oltre 30 giocatori tra Novara, Milano, Padova, Trento, Roma, L’Aquila, Pescara, Matera, Messina e Catania: uomini e donne con diverse disabilità, soprattutto amputati, paraplegici e tetraplegici. La notizia del “Progetto wheelchair” si è diffusa a macchia d’olio e diverse altre persone in carrozzina hanno manifestato interesse a giocare. Essendo in pochi nelle rispettive città, hanno deciso di sviluppare essi stessi il progetto nella loro zona, supportati dal quartier generale dell’iniziativa che resta comunque Roma con Bucchi e Dell’Aquila. E proprio quest’ultimo racconta di aver attivato una fitta rete, favorito dalla sua professione. «Sono un operatore sociale e quindi, lavorando con la disabilità, ho un accesso privilegiato alla rete sociale cittadina e sto mappando tutte le sale di Roma per trovare locali accessibili alle carrozzine e personale sensibile a conoscenza del progetto». Il vero problema, infatti, sono le barriere architettoniche presenti nella maggior parte delle sale da biliardo. I giocatori, invece, collaborano spesso tra loro nella soluzione dei problemi e alcuni hanno realizzato degli ausili per rendere possibile il gioco a chi ha maggiori difficoltà tecniche legate anche alla propria disabilità. Lo stesso Bucchi, per esempio, ha modificato la stecca applicandovi un’impugnatura particolare che ha realizzato lui stesso e che gli permette di sorreggerla.

Il biliardo in carrozzina, nel corso di questi ultimi mesi, ha riscosso un grande interesse tra quelle persone che non giocavano più proprio in seguito a un incidente o alla comparsa di una malattia invalidante, e sono a oggi oltre 5mila i follower dei vari canali social del movimento. «Nelle città dove abbiamo individuato sale o club affiliati alla federazione accessibili o parzialmente accessibili», spiega Dell’Aquila, «abbiamo ricevuto diverse richieste in poco tempo e, nel giro di qualche mese, abbiamo iniziato a creare e sviluppare una rete di supporto tecnico forte di istruttori federali che si prendono cura della tecnica dei giocatori. Altro aspetto interessante è rappresentato dalla partecipazione di molti giocatori alle primissime armi in questo sport». Uno sport che è concentrazione, tecnica, studio delle posizioni e ricerca della postura. «In questi ultimi mesi», conclude, «con l’ingresso di nuovi giocatori e di nuovi istruttori federali, abbiamo potuto verificare quanto il progetto piaccia sia a chi non ha mai giocato a biliardo sia a chi già si cimentava, e i numeri ci dimostrano che è capace di entusiasmare anche chi, per motivi di età, ha dovuto interrompere la propria attività sportiva in altre discipline, ritrovando nel biliardo la possibilità di continuare con uno sport meno fisico ma altrettanto coinvolgente». Purtroppo ora, con le regole imposte dagli ultimi dpcm, possono continuare ad allenarsi, a porte chiuse, solo gli atleti agonisti tesserati Fibis e possono disputarsi solo le manifestazioni sportive (individuali e a squadre) aventi interesse nazionale, purché in assenza di pubblico. Speriamo quindi che la pandemia finisca presto.

(L’articolo è tratto dal numero di dicembre di SuperAbile INAIL, il mensile dell’Inail sui temi della disabilità)

Federica Ronchi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)