“Sui bambini non si PASsa”: in piazza contro l'alienazione parentale

Protesta a Montecitorio, per dire no all'allontanamento dei figli sulla base di una sindrome che “non ha fondamento scientifico”. Nonostante le recenti sentenze della Cassazione, sono tanti ancora i minori allontanati da genitori che vengono definiti “alienanti”. E spesso c'è dietro una storia di violenza domestica

“Sui bambini non si PASsa”: in piazza contro l'alienazione parentale

“Sui bambini non si PASsa”: perché la “sindrome da alienazione parentale” (Pas) non esiste e l'ascolto dei minori e dei loro bisogni deve essere sempre al centro delle decisioni che li riguardano. Torna al centro il dibattito sull'affidamento condiviso o esclusivo dei bambini in caso di separazione dei genitori: e torna con un tema caldo e controverso, quale quello dell'alienazione parentale. La manifestazione “Sui bambini non si PASsa” (oggi alle 15 a Montecitorio) è promossa da Cgil – Ufficio Politiche di genere, il Comitato "La PAS non esiste, ma il fatto sussiste" e Uil - Centro di ascolto Mobbing e Stalking contro tutte le violenze e il coordinamento Politiche di genere. L'obiettivo è chiedere l'immediata sospensione dei procedimenti di allontanamento di minori che si basano, appunto, sul controverso e scientificamente infondato concetto di “alienazione parentale”.

L'ultimo caso risale a due settimane fa, quando il Tribunale dei minorenni di Roma ha decretato, per la seconda volta, l’allontanamento di L., che ha 11 anni, la decadenza dalla responsabilità genitoriale per sua mamma e la sospensione di ogni rapporto tra madre e figlio. La mamma è Laura Massaro, accusata di essere “alienante”, dopo che ha denunciato l'ex compagno, nel 2013, per abusi e maltrattamenti riferiti dai figli. Di qui la querela del padre e l'accusa di essere appunto “madre alienante”, con la conseguente richiesta di allontanamento del figlio. Richiesta accolta, all'inizio di giugno, dopo diverse vicissitudini, dal Tribunale romano, che contraddice e contrasta la decisione della Corte d’Appello che, l’anno scorso, aveva respinto la richiesta di allontanamento del bambino dalla madre e l’ipotesi della casa famiglia, bocciando la tesi che fosse nell’interesse del minore.

Di Laura Massaro, però, ce ne sono tante: “SiamotutteLaura” è uno degli hashtag intorno ai quali si raccolgono le diverse voci che oggi, in piazza, chiedono che l'alienazione parentale non possa mai essere ragione di allontanamento di un figlio o di una figlia da un genitore. “È necessario prendere coscienza che siamo in presenza di un fenomeno - dichiarano le promotrici - Nei tribunali ordinari e minorili, complice il proliferare di esose consulenze tecniche di ufficio che sposano il censurato costrutto dell’alienazione parentale, si dà ormai per assunto che quando un bambino, dopo la separazione, rifiuta la relazione con uno dei due genitori, la responsabilità sia sempre dell’altro, che ne avrebbe condizionato il sentire”. Questo può dare origine a ordinanze con cui il giudice, di fatto, affidi il minore esclusivamente al genitore “alienato”, direttamente o con trasferimento in casa-famiglia. “Un metodo che viola il diritto umano di ogni bambino al rispetto e alla tutela del proprio benessere psicofisico – osservano i promotori della protesta - oltre a far precipitare donne e minori in un calvario giudiziario ed economico senza fine, e a fornire uno strumento collaudato alla difesa di comportamenti abusanti o violenti”. Spesso infatti i casi di presunta “alienazione parentale” si verificano nell'ambito di separazioni conflittuali avvenute in seguito a denunce per violenza domestica.

Alienazione parentale: la scienza dice di no, la legge pure

Alla base di queste sentenze per “alienazione parentale” c'è una sindrome scientificamente infondata e anche giuridicamente contestata. Lo fanno notare, ancora, i promotori della protesa: “L’alienazione parentale, declinata anche in sindrome della madre malevola, madre simbiotica, madre fusionale o conflitto di lealtà, è erede di quella Parental Alienation Syndrome (PAS) inventata dal controverso medico americano Richard Gardner nel 1985. Sopravvissuta al suo teorico, morto suicida, nel corso degli anni la Pas è stata censurata sia dal Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, sia dall'Oms”. Sul piano giuridico, d'altro canto, in Italia a più riprese anche la Corte di Cassazione ha rifiutato il principio della PAS: come riferisce il Comitato dei cittadini per i diritti umani, “dopo la sentenza 13274 del 2019, con cui la Cassazione stabiliva l’illegittimità dell’affido esclusivo di un minore a un solo genitore basata sulla diagnosi di PAS (Parental Alienation Syndrome o sindrome da alienazione genitoriale), una nuova ordinanza – la 13217, depositata il 17 maggio 2021 – sferra un KO definitivo a questa cosiddetta sindrome che continua a essere usata con altri nomi”. Lo fa in occasione di una sentenza emessa dal Tribunale di Venezia: “La corte territoriale ha fatto riferimento a ‘gravi ripercussioni ed effetti sulla minore’, a ‘condotte scellerate’ della madre, senza però indicarle e specificarle, nonché a un comportamento ‘improntato a gravi carenze della genitorialità con volontà tesa ad estraniare la minore dal padre … omettendo di esplicitare gli specifici pregiudizi … e senza tenere in considerazione le possibili conseguenze di una brusca sottrazione della minore alla madre”, si legge nella sentenza della Cassazione, la quale continua evidenziando il “controverso fondamento scientifico” della sindrome Pas che le Ctu, invece, sembra accettare “senza riflessione sulle critiche emerse circa la sua inclusione tra le patologie”. In ambito giudiziario non si dovrebbero infatti adottare “soluzioni prive del necessario conforto scientifico e potenzialmente produttive di danni ancora più gravi di quelli che si vogliono scongiurare”.

Nessun allontanamento “per PAS”. Le 7 richieste

“Disconosciuta da tutta la comunità medico-scientifica, purtroppo questa teoria trova ancora la sua applicazione presso i Tribunali civili e minorili - osservano Susanna Camusso e Giorgia Fattinnanzi della Cgil - con conseguenze pesantissime sui minori. E, anche quando la sentenza non decreti la Pas, nel percorso di accertamento le donne subiscono una vittimizzazione secondaria: la paura di vedersi togliere i figli, tra l’altro, rappresenta oramai un vero e proprio deterrente alla denuncia per violenza”. Di qui la richiesta dei promotori del presidio, che oggi presentano un manifesto in sette punti in cui chiedono: primo, “ 'immediata applicazione della Convenzione di Istanbul, che è vigente e ha valore costituzionale”; secondo, “la limitazione delle Consulenze tecniche di ufficio (Ctu), e il dovere del giudice di valutare l’idoneità genitoriale, applicando le norme costituzionali che proteggono i minori dalla violenza, comprendendo adeguatamente il senso degli atteggiamenti protettivi materni”, terzo, “il divieto da parte dei giudici di emettere decreti di sospensione della responsabilità genitoriale o decadenza o allontanamento del minore dal suo ambiente familiare, sulla base di costrutti non riconosciuti dalla scienza”; quarto, “l’obbligo per il giudice di garantire sempre un giusto processo senza rifarsi a costrutti ascientifici come l’alienazione parentale, che non comportano l’onere della prova”; quinto, “il rispetto da parte del giudice dell’obbligo di ascolto del minore”; sesto, “il divieto assoluto di prelievi forzosi di allontanamento dalla famiglia di un minore, salvo nei casi previsti dall’art. 403 c.c.”; settimo, “il divieto di insegnamento nei corsi universitari di costrutti non validati dalla scienza”.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)