Il cammino notturno di sant’Antonio. Nella notte, passo dopo passo

Sono stati circa 1100 i pellegrini che nella notte tra il 25 e il 26 maggio hanno partecipato al cammino notturno di Sant'Antonio, dai santuari di Camposampiero alla basilica del Santo di Padova. 25 chilometri pregando e cantando, lungo la strada percorsa da Sant'Antonio il 13 giugno 1231, mentre stava morendo.

Il cammino notturno di sant’Antonio. Nella notte, passo dopo passo

C’è un senso di attesa nel chiostro dei santuari antoniani di Camposampiero. La gente continua ad arrivare, fino a raggiungere quota 1.100, nonostante il tempo incerto. Ognuno con le proprie motivazioni, una grazia da chiedere o qualcosa per cui ringraziare. Ma le storie che senti raccontare, soprattutto lungo la strada che è lunga e ti dà tempo, sono soprattutto storie di fede.

Tra i pellegrini che affrontano il cammino notturno di Sant’Antonio, la sera dell’ultimo sabato di maggio, ci sono persone provenienti da tutta Italia e oltre. C’è chi lo fa per l’ottava, la dodicesima volta. La componente più numerosa viene dalla zona di Camposampiero. È un fiumana, un popolo intero che si mette in cammino, semplicemente perché è giusto farlo, perché è bello. La prima cosa che noti è che ci sono persone di tutte le età e di tutti i tipi. Tanti giovani, una maggioranza di donne, spesso in gruppo, coppie che si tengono per mano, camminatori consumati con zaini riempiti in fretta da mani esperte, e signore con normali sneakers e pantaloni comodi.

Alle 11 si comincia a camminare, seguendo padre Alberto Tortelli, sotto una leggera pioggerellina che cessa però immediatamente. In silenzio. Una dimensione ormai molto rara, come quella penitenziale. Lasciamo il centro abitato, costeggiamo la cartiera e passiamo dall’altra parte del Muson dei Sassi, sempre con il supporto dei volontari della Protezione civile, degli alpini e dell’Ordine di Malta, affiancati dalle forze di sicurezza.

Dopo circa un’ora il percorso comincia a essere tracciato da lumini rossi, segno di accoglienza verso la prima tappa: il capitello mariano di via Piovega, ai confini fra i comuni di Camposampiero, Borgoricco e San Giorgio delle Pertiche, dove le famiglie della contrada hanno allestito un carro simile a quello sul quale sant’Antonio, il 13 giugno 1231, si fece portare verso l’allora chiesetta di Santa Maria Mater Domini, l’attuale basilica del Santo. Viene posto il primo timbro sulla credenziale dei pellegrini e si prosegue recitando il rosario e cantando. L’argine è incastonato tra fila di capannoni.

C’è una signora con una splendida voce e una zazzeretta di capelli cortissimi: una “acconciatura” che conosco. Ha da poco finito la chemioterapia. I controlli sono andati bene. «Qualcuno mi ha dato una mano – sorride – Più di qualcuno», aggiunge abbracciando le amiche.

Arriviamo alle 2 nella chiesa di Campodarsego. Sul sagrato ci sono tavolate con tè caldo, merendine e biscotti, offerte da una squadra di volontari. Padre Tortelli ringrazia il parroco don Enrico Piccolo e il cappellano don Nicolò Rocelli per l’accoglienza.

Ripartiamo. Sembra che le gambe si muovano da sole. Il buio è fittissimo, squarciato soltanto dalle nostre torce. Un giovane tiene gli occhiali da sole: gli è stata da poco diagnosticata una patologia oculare molto seria. Ha chiesto ad alcuni amici di pregare per lui e loro gli hanno proposto di seguirlo in questo cammino. Ed eccolo qua. La signora che lo ha invitato viene ogni maggio da quando, una decina di anni fa, chiese che il padre guarisse. Poco dopo le 4 arriviamo nel campo di Mafalda e Silvano, dove ci viene portato del pane, simbolo di fraternità, virtù cristiana alla quale è dedicata questa sosta.

Quando riprendiamo il cammino comincia ad albeggiare. Un’alba fredda, umida, grigia, che ci accompagna fino alla quarta tappa: il santuario dell’Arcella. È il momento più emozionante perché ci accolgono la luce rarefatta della cella del transito e l’organo che suona Fratello sole sorella luna. La stanchezza comincia a farsi sentire. Noto che l’uomo seduto accanto a me è profondamente raccolto in preghiera, ma poi mi accorgo che ha chiuso gli occhi per altri motivi. All’uscita ci aspettano ancora tè caldo, cioccolata e le merendine. Ma bisogna proseguire.

Alle 8.15 siamo al Santo. La basilica, come luogo della fede, rappresenta perfettamente il rapporto con il Santo stesso. Ognuno ha il suo, personale. I miei ricordi di bambina restituiscono un senso di accoglienza rassicurante, familiare. Una coppia di mamma e figlia francesi restano senza parole e si abbracciano, commosse. Ci aspetta la messa solenne celebrata da padre Giovanni Voltan. Occupiamo tutti i posti a sedere, ma non sono sufficienti. Ci sono pellegrini assiepati ovunque. Dopo una nottata così, ti sembra di percepire il senso della celebrazione con maggiore intensità. Credo che siamo tutti accomunati da questa sensazione, più ancora che dalla stanchezza e dai piedi doloranti.

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