Coronavirus e patologie polmonari. Il punto della dottoressa Elisabetta Balestro dirigente UOP Padova

«Siamo difronte a un’entità che non conosciamo che proviamo ad arginare e che ci provoca tanta frustrazione quando con le nostre forze non riusciamo a fermarla». Così Elisabetta Balestro, dirigente medico presso l'Unità operativa di Pneumologia di Padova descrive la situazione in reparto nonostante dieci nuovi letti di area semi-intensiva l'attività è incessante. Si pensi che un paziente viene visitato almeno da quattro medici in 12 ore di turno diurno e 2 medici nelle ore notturne.

Coronavirus e patologie polmonari. Il punto della dottoressa Elisabetta Balestro dirigente UOP Padova

È chiaro ormai a tutti che il coronavirus colpisce le vie respiratorie tanto che i primi sintomi sono proprio quelli di un’influenza comune: naso che cola, occhi gonfi, tosse e febbre. Questa sintomatologia può far pensare che chi soffre di patologiepolmonari possa essere più predisposto a essere colpito dal virus. Ma nei fatti non è così scontato.

«Chi soffre di gravi patologie polmonari – spiega Elisabetta Balestro, dirigente medico presso l'Unità operativa di Pneumologia di Padova – come l’enfisema, la bronchite cronica ostruttiva o le fibrosi polmonari, che già alterano il principale ruolo dei polmoni di scambiare i gas, se colpiti dal coronavirus vanno incontro più facilmente e in tempi rapidi a delle complicazioni e a un aggravamento della situazione. Ma non ci sono dati che facciano pensare che chi ha patologie polmonari gravi è più colpito dal coronavirus».

Capitolo a parte è, invece, quello dei malati oncologici polmonari che essendo pazienti con un livello di difese immunitarie ridotto sono i più suscettibili a essere danneggiati dal virus. Questi pazienti non sviluppano la fase asintomatica del coronavirus ma direttamente l’infezione vera e propria.

«Questo nuovo virus – prosegue – inizialmente si presenta con sintomi simili all’influenza, alla congiuntivite e al raffreddamento e può essere gestito da casa. Ma il decorso può, per alcuni pazienti, andare verso una polmonite interstiziale, che colpisce tutto il polmone e l’interstizio ossia la sede di scambio dei gas, che causa una carenza acuta, rapida e ingravescente di ossigeno».

Questa emergenza ha reso necessaria una redistribuzione di tutta la forza lavoro del reparto nelle diverse aree.

«Una cosa che non si ricorda mai e quindi la si dimentica – prosegue – è che mentre stiamo fronteggiando questa emergenza il reparto deve seguire anche i pazienti che hanno bisogno di ricovero per patologie che non sono il coronavirus. Possiamo dire che un reparto già pieno, perché l’inverno è il periodo in cui maggiormente chi soffre di patologie respiratorie ha bisogno di cure, si è trovato a implementare del 100 per cento la sua attività a causa di questa nuova situazione infetta e infettante. Quindi il nostro lavoro quotidiano si divide tra la degenza ordinaria e questa nuova area altamente infettiva dove per altro i malati vanno osservati anche una volta all’ora».

Si pensi che un paziente viene visitato almeno da quattro medici in 12 ore di turno diurno e 2 medici nelle ore notturne.

Nella Pneumologia di Padova in questi gironi, al reparto di degenza ordinaria e ai letti di semi-intensiva, sono stati attivati dieci nuovi letti di area semi-intensiva, una zona cioè intermedia fra le malattie infettive e la rianimazione dove vengono trasferiti i pazienti colpiti da coronavirus che da malattie infettive peggiorano e quelli che dalla rianimazione migliorano.

«La terapia intensiva – spiega Balestro – è la rianimazione dove di solito stanno i pazienti dopo un intervento chirurgico. In questo caso ci sono i pazienti colpiti da coronavirus sedati che sono intubati e respirano grazie a un ventilatore. Mentre la semi-intensiva respiratoria è un’area intermedia dove si utilizzano delle pratiche non invasiva ma comunque di alta intensità, vale a dire ossigeno in mascherina e un ventilatore».

In questo momento i nuovi dieci posti di semi-intensiva sono tutti pieni e se ce ne fossero il doppio sarebbero comunque pieni.

«Siamo difronte a un’entità che non conosciamo – conclude la dottoressa – che proviamo ad arginare e che ci provoca tanta frustrazione quando con le nostre forze non riusciamo a fermarla. Noi medici di solito agiamo con dei margini di conoscenza ma questa volta non sappiamo nulla del virus. Possiamo solo garantire l’ossigenazione e i parametri vitali ai pazienti. Quello che rimane da capire è perché colpisce alcuni e altri rimangono asintomatici, perché alcuni pazienti evolvono verso polmoniti in maniera rapida e altri no. Ecco ci sono parametri che non conosciami».

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