“Non possiamo lasciarli soli” così i dipendenti pubblici caregiver al Governo e al Parlamento

A richiamare l'attenzione su questa problematica è un gruppo di insegnanti, genitori di figli con disabilità che con una petizione consegnata al ministro dell'Istruzione, indirizzata anche ai ministri della Funzione pubblica, della Famiglia e della disabilità, chiedono una modifica alla legge 104 e degli attuali criteri per l’assegnazione della sede di servizio, che «oggi avviene in base ad asettici algoritmi e procedure che non operano le dovute differenze».

“Non possiamo lasciarli soli” così i dipendenti pubblici caregiver al Governo e al Parlamento

“Non possiamo lasciarli soli”: lo pensano tutti i genitori, quando i figli sono piccoli. Ma se i figli hanno una disabilità, continuano a pensarlo per tutta la vita. Perché “lasciarli soli” non si può, oppure è particolarmente complicato. Per questo motivo tanti “caregiver familiari”, soprattutto mamme, lasciano il lavoro. Una scelta spesso sofferta, che potrebbero evitare se ci fossero, per i lavoratori caregiver, maggiori tutele e facilitazioni. Prima fra tutte, l'assegnazione alla sede di lavoro più vicina a casa. Un diritto sancito dalla legge, che però, come sempre accade, si presta a interpretazioni e violazioni.

A richiamare l'attenzione su questa problematica è un gruppo di insegnanti, genitori di figli con disabilità che hanno consegnato il 19 luglio una petizione al ministro dell'Istruzione, indirizzata anche ai ministri della Funzione pubblica, della Famiglia e della disabilità. Chiedono, in sintesi, una modifica alla legge 104 e degli attuali criteri per l’assegnazione della sede di servizio, che oggi «avviene in base ad asettici algoritmi e procedure che non operano le dovute differenze».

A promuovere l'iniziativa è Antonella Zammito, mamma di Andrea, un ragazzo di 20 anni con una grave patologia neurodegenerativa. Vive ad Aragona, in provincia di Agrigento, ma è assegnata da anni a una scuola di Catania, che dista 180 chilometri.

«L'anno scorso – spiega – abbiamo lanciato la petizione su Progressi.org e abbiamo raccolto oltre 16 mila firme, oggi è come se tutte quelle persone fossero qui con noi a chiedere giustizia per queste famiglie e questi figli». Mercoledì 18 luglio quelle firme sono state consegnate ai sottosegretari alla Famiglia e disabilità, Vincenzo Zoccano e quello all'Istruzione Salvatore Giuliano.

«Siamo insegnanti – scrivono i docenti-genitori – dipendenti pubblici, assegnati a sedi lontane centinaia di chilometri dai nostri figli disabili e non autosufficienti L’assegnazione avviene in base ad asettici algoritmi e procedure che non operano le dovute differenze. Siamo anche genitori con in più la responsabilità di assistere figli affetti da patologie gravemente invalidanti. In base al sistema attuale, il nostro diritto di lavorare vicino casa è 'ove possibile', ma questa possibilità si verifica molto raramente. Pertanto siamo costretti a lasciare i nostri figli disabili al 100% senza la necessaria assistenza. Ogni giorno siamo posti dinnanzi ad una scelta: se assisterli o abbandonarli per il bisogno di andare a lavorare».

Tecnicamente “i posti disponibili vengono occupati da chi ne ha diritto in quanto disabile al 67%. Il problema è che il 67% si può ottenere cumulando patologie lievi come l’asma”. Occorre quindi mettere mano alla norma e modificarla: ed è questa la richiesta rivolta a Governo e Parlamento.

«Chiediamo al Governo e al Parlamento – spiegano i promotori – una modifica al Decreto Legislativo 165/2001, che contiene le “Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”, che disciplina norme per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro ma non si occupa di quelli dei genitori di disabili gravi. L'articolo 7 comma 3 recita infatti: “Le amministrazioni pubbliche individuano criteri certi di priorità nell'impiego flessibile del personale, purché compatibile con l'organizzazione degli uffici e del lavoro, a favore dei dipendenti in situazioni di svantaggio personale, sociale e familiare e dei dipendenti impegnati in attività di volontariato».

Nel dettaglio, si chiede l'aggiunta del comma 3 bis, in cui si specifici che “a tutela e sostegno della genitorialità, al personale di ruolo dipendente dalle pubbliche amministrazioni con figli disabili in situazione di gravità ai sensi dell’art. 3, comma 3 della Legge 104/1992, è riconosciuto come criterio di priorità l’assegnazione della sede di servizio nel comune di residenza del figlio, in soprannumero o in posizione di comando”. In alternativa «chiediamo una soluzione che impedisca il disgiungimento familiare nel caso di figli disabili, analogamente a quanto previsto per il personale coniuge di militare o di categoria equiparata».

I firmatari si rivolgono poi ai diversi ministri: «alla ministra per la Funzione Pubblica e al ministro per le Politiche sociali e la Disabilità chiediamo in che modo sia possibile tutelare il nostro diritto alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro se non possiamo lavorare nella stessa città in cui vivono figli gravemente ammalati e da accudire». Al ministro dell'Istruzione chiedono invece «in che modo sia possibile tutelare il 'diritto del docente che presta assistenza ai figli con handicap grave a scegliere con precedenza assoluta la sede indicata tra quelle disponibili', acclarato dalle sentenze, come quella di Genova del 20/09/2016 che ha visto soccombere per l'ennesima volta il Miur». A tal proposito, ricordano i promotori, «nel 2017 la ministra dell'Istruzione Valeria Fedeli ha preso un impegno per risolvere la questione, dopo l'incontro con una delegazione di mamme da varie parti d'Italia. Ad oggi, però, nulla è cambiato per dare una soluzione al problema. Diamo voce ai nostri figli gravemente malati – concludono i promotori - Loro non possono parlare a causa delle patologie che li affliggono. Noi non possiamo lasciarli soli».

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)