Chiesa nel mondo

“Forse siamo troppo fermi come Chiesa: dovremmo essere comunità in corsa. La Pasqua è anche questa fretta, che è attenzione e premura verso il prossimo nell’esercizio delle opere di misericordia”. Lo scrive l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, card. Gualtiero Bassetti, nel messaggio augurale alla comunità diocesana nella domenica di Pasqua.

“Le sorprese di Dio ci mettono in cammino subito, senza aspettare”. Nella sua omelia di Pasqua il Papa invita alla radicalità evangelica. Nella benedizione Urbi et Orbi, un pensiero per gli scenari di guerra del mondo ma anche per la "cultura dello scarto" diffusa in Occidente.

"La Pasqua è davanti a noi ma da qui si vede solo il Calvario". E il Calvario, in Medio Oriente, ha il nome di Ghuta, Damasco, Idlib, Aleppo, Baghdad, Batnaya, Mosul, Afrin, Gaza, e tanti altri luoghi di guerra e di morte. Nelle parole di mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad, non c'è solo dolore: “C’è gioia anche nella sofferenza, quella patita da Cristo per la nostra salvezza. Preghiamo perché in tutto il Medio Oriente, non solo in Iraq o in Siria, la Pasqua sia motivo di gioia”

“Vergogna, pentimento e speranza”. Sono i tre sentimenti  che fanno da sfondo alla preghiera composta dal Papa e letta da lui al termine della Via Crucis di ieri sera al Colosseo, a cui hanno partecipato anche i ragazzi del liceo classico romano che hanno preparato i testi delle 14 stazioni.

"Abbiamo una forza particolare che ci permette anche di poter perdonare quelle persone che ci hanno fatto del male, anche chi ci ha causato attentati dolorosi". La forza del perdono, di un amore capace di non piegarsi alla morte ma di continuare ad alzare gli occhi al Cielo. È la testimonianza della piccola comunità di minoranza dei copti ortodossi di Egitto e a raccontarla al Sir è Sua Santità Papa Tawadros II. Lo abbiamo incontrato nella cattedrale di san Marco al Cairo alla vigilia della Settimana Santa

Umanità: è la parola chiave della prima Via Crucis scritta dai giovani. Inchiodato sulla Croce c'è un migrante, che ci ricorda come ognuno di noi abbia inscritta la propria dignità sotto la pelle.

Ci sarà anche suor Genevieve Al Haday, religiosa irachena dell’ordine delle domenicane di Santa Caterina, tra i "cruciferi" della Via Crucis al Colosseo, Venerdì Santo, con Papa Francesco. La suora è scampata con altre sue consorelle alla violenza dello Stato Islamico che costrinse, nella notte tra il 6 e il 7 agosto 2014, circa 120mila cristiani a fuggire dalla Piana di Ninive fino ad Erbil, in Kurdistan, per trovare salvezza. Il Sir ha raccolto la sua testimonianza: "Nella Croce che porterò sono riposte le speranze di pace del mio Paese e di tutto il Medio Oriente, il ricordo dei suoi martiri cristiani e anche le lacrime di solitudine di una anziana donna di Roma..."

Papa Francesco celebrerà con i detenuti dello storico carcere romano di Regina Coeli la messa in Coena Domini di Giovedì Santo. Saranno oltre 600 i partecipanti all’incontro, tra detenuti e personale carcerario. 12 detenuti di diverse nazionalità e religioni riceveranno la lavanda dei piedi dal Papa. Sono cattolici, protestanti, ortodossi, buddisti e musulmani di diverse nazionalità. Parla il cappellano padre Vittorio Trani.