Ortofrutticolo prezioso ma fragile. Uno dei più importanti comparti dell’agroalimentare è stretto tra crescita export e aumenti dei costi

Pressoché tutti gli attori della filiera pare si trovino d’accordo sugli strumenti da adoperare per uscire dalle difficoltà.

Ortofrutticolo prezioso ma fragile. Uno dei più importanti comparti dell’agroalimentare è stretto tra crescita export e aumenti dei costi

Quasi mezzo milione di posti di lavoro pari al 40% del totale in agricoltura, un fatturato di 15 miliardi di euro all’anno tra fresco e trasformato che significa un quarto della produzione agricola totale, 300mila imprese coinvolte, oltre un milione di ettari coltivati. Ecco i numeri salienti dell’ortofrutta italiana che, in questi giorni, è stata sotto i riflettori di Fruit Logistica di Berlino, una delle più importanti manifestazioni del comparto a livello mondiale. Davvero un settore miliardario, quello dell’ortofrutta nazionale, che, però, è alle prese con una situazione a dir poco strana. E che sta dando da pensare a tutta la filiera.
Stando a quanto reso noto da Coldiretti proprio a Berlino, infatti, per la prima volta le vendite all’estero di frutta e verdura Italia hanno superato il valore di 10 miliardi di euro, con mercati e prodotti che hanno fatto registrare una crescita a due cifre percentuali. La prospettiva, però, è tutt’altro che buona: a mettere tutto in forse, è l’aumento esponenziale dei costi di produzione e di trasporto, anche in questo caso con una crescita spesso a due cifre. Detta in altri termini, la situazione è talmente grave dal punto di vista dei conti, che il 20% circa delle imprese negli ultimi tempi ha dovuto lavorare in perdita.
Non si tratta di una cosa di poco conto, visto che il settore dell’ortofrutta è davvero uno di quelli di punta dell’intero agroalimentare nazionale. Per questo, forse, tutto sommato pressoché tutti gli attori della filiera pare si trovino d’accordo sugli strumenti da adoperare per uscire dalle difficoltà. Accordi di filiera prima di tutto, ma anche una forte azione da parte delle istituzioni e del governo per garantire sostegno alle imprese. Ad iniziare, per esempio, dalla logistica. Quanto già ottenuto dalle imprese ortofrutticole, dice per esempio Coldiretti, “potrebbe essere paradossalmente migliore se si riuscisse a superare il gap logistico e infrastrutturale che costa all’agroalimentare 7,8 miliardi di euro all’anno, secondo il Centro Studi Divulga, e che, nel caso del prodotto fresco, è particolarmente penalizzante per le nostre imprese rispetto ad altri Paesi produttori”. Quindi che fare? Per i coltivatori, “cogliere le opportunità offerte dal Pnrr per garantire trasporti efficienti sulla linea ferroviaria e snodi aeroportuali per le merci che ci permettano di portare i nostri prodotti rapidamente da nord a sud del Paese e poi in ogni angolo d’Europa e del mondo”. Ma potrebbe esserci anche altro da intraprendere. Confagricoltura ha recentemente chiesto al governo interventi “per integrare le perdite o perlomeno aiutare le imprese a compensare gli extracosti di produzione. Anche nell’ambito delle decisioni in merito all’attivazione del Fondo per la sovranità alimentare e degli altri strumenti previsti dalla Legge di bilancio 2023, la richiesta confederale è stata quella di intervenire rapidamente con misure a favore della liquidità delle imprese, in modo che le aziende ortofrutticole possano tornare ad essere competitive, riacquistando il ruolo di leader nel contesto internazionale”. Tutto senza trascurare la concorrenza sleale, le regole diverse applicate da alcuni paesi concorrenti, la necessità di una maggiore e migliore informazione anche al consumatore finale.
È comunque un’azione complessa quella che va messa in conto da parte di tutta la filiera agroalimentare ortofrutticola. Qualcosa che va fatto bene. In gioco, come si è visto, c’è davvero molto anche in termini di occupazione e quindi di benessere, al di là della bontà di molte delle nostre produzioni orticole e frutticole che tutti il mondo ci invidia.

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Fonte: Sir