Povertà, Istat: resta elevata ma cala nell'anno pre-pandemia

Lo rende noto l'Istat nel report su condizioni di vita, reddito e carico fiscale delle famiglie nell'anno 2019. La quota di individui a rischio povertà resta stabile al 20,1%

Povertà, Istat: resta elevata ma cala nell'anno pre-pandemia

Pur restando molto elevata, nel 2019 la percentuale di popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale si riduce rispetto al 2018 (da 27,3% a 25,6%) per la minore incidenza delle situazioni di grave deprivazione materiale e di bassa intensità lavorativa. Lo rende noto l'Istat nel report su condizioni di vita, reddito e carico fiscale delle famiglie nell'anno 2019 La quota di individui a rischio povertà resta stabile al 20,1%. Nel 2018, il reddito netto medio delle famiglie (31.641 euro annui) cresce ancora in termini nominali (+0,8%) ma si riduce lievemente in termini reali (-0,4%). La disuguaglianza resta stabile: il reddito totale delle famiglie più abbienti continua a essere sei volte quello delle famiglie più povere.

Dai dati Istat si conferma dunque in calo la popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale. Nel 2019, il 20,1% delle persone residenti in Italia risulta a rischio di povertà (circa 12 milioni e 60 mila individui), cioè esse hanno un reddito netto equivalente nell'anno precedente, senza componenti figurative e in natura, inferiore a 10.299 euro (858 euro al mese). Il 7,4% si trova in condizioni di grave deprivazione materiale, mostra cioè almeno quattro dei nove segnali di deprivazione individuati dall'indicatore Europa 2020. Il 10,0% vive in famiglie a bassa intensità di lavoro, ossia con componenti tra i 18 e i 59 anni che, nel 2018, hanno lavorato meno di un quinto del tempo.

La popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale (indicatore composito), la quota di individui che si trovano in almeno una delle suddette tre condizioni, è pari al 25,6% (circa 15 milioni 390 mila persone), in miglioramento per il terzo anno consecutivo (27,3% nel 2018, 28,9% nel 2017, 30,0% nel 2016). Questo andamento si deve soprattutto all'indicatore di bassa intensità lavorativa (10,0% dal 12,8% nel 2016) e a quello di grave deprivazione materiale (7,4%; 12,1% tre anni prima) mentre il rischio di povertà si presenta sostanzialmente stabile nel triennio (20,1%; 20,6% nel 2016). L'indicatore sintetico di rischio di povertà o esclusione sociale migliora anche a livello europeo, sebbene di poco (21,4% dal 21,8% del 2018). Pur essendo il terzo paese con il miglioramento più ampio dell'indicatore, nel 2019 l'Italia si mantiene di gran lunga al di sopra di Repubblica Ceca (12,5%) e Slovenia (14,4%) e dei paesi europei più grandi come Germania (17,4%) e Francia (17,9%) mentre è prossima alla Spagna (25,3%). 

Il Sud resta l'area più a rischio, oltre il 42%

Il Mezzogiorno rimane l'area del paese con la percentuale più alta di individui a rischio di povertà o esclusione sociale, anche se in significativa riduzione rispetto all'anno precedente (42,2% nel 2019 da 45% del 2018). In particolare, in tale ripartizione si riduce la quota di individui in condizione di grave deprivazione materiale (da 16,7% a 13,6%) e quella riferita a coloro che vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa (da 19% a 17,3%). Il rischio di povertà rimane invece pressoché invariato (da 34,4% a 34,7%). Una riduzione del rischio di povertà o esclusione sociale rispetto al 2018 si osserva anche nel Nord-est (da 14,6% a 13,2%) e nel Centro (da 23,1% a 21,4%), ripartizioni in cui tutte le componenti dell'indicatore mostrano una flessione, mentre resta praticamente invariato nel Nord-Ovest (da 16,8% a 16,4%).

Ancora alta la percentuale nelle famiglie numerose

Nelle famiglie numerose resta ancora alto il rischio di povertà o esclusione sociale. Nel 2019, l'incidenza del rischio di povertà o esclusione sociale resta elevata tra gli individui che vivono in famiglie con cinque o più componenti (34,3%), nonostante un chiaro miglioramento rispetto allo scorso anno (36,9%). più nel dettaglio, il rischio di povertà o esclusione sociale è maggiore tra gli individui delle famiglie con tre o più figli (34,7% dal 36,0% nel 2018), tra le persone sole (30,6% da 30,9% nell'anno precedente), soprattutto tra quelle che hanno meno di 65 anni (32,4% da 31,7% nel 2018), e nelle famiglie monogenitore (34,5% da 35,4%).

Il rischio di povertà o esclusione sociale si attenua anche per tutte le altre tipologie familiari tranne che per le coppie senza figli, per le quali aumenta da 17,1% a 18,3%. Nelle coppie con figli passa dal 27,2% al 24,1%, soprattutto per la diminuzione della grave deprivazione materiale (da 8,2% a 5,9%). Gli individui che vivono in famiglie con due figli presentano il miglioramento più marcato, al 23,5% dal 28,3% del 2018. Tale miglioramento è associato alla diminuzione di tutte le componenti dell'indicatore; tra di esse, il rischio povertà presenta la maggiore riduzione (19,5% da 22,6%). Rispetto al 2018 i miglioramenti sono più evidenti tra le famiglie in cui sono presenti minori (da 29,7% a 27,0%), in particolare tra quelle con tre o più figli minori (da 38,8% a 35,4%), per le quali il rischio di povertà o esclusione sociale continua a riguardare più di un terzo delle famiglie.

Il rischio di povertà o esclusione sociale si riduce inoltre per coloro che vivono in famiglie in cui la fonte principale di reddito è il lavoro autonomo (da 28,6% del 2018 a 25,1%) e il reddito da pensioni e/o trasferimenti pubblici (da 33,0% a 31,8%) mentre resta quasi invariato in caso di reddito da lavoro dipendente (da 20,8% a 20,0%). I componenti delle famiglie con almeno un cittadino straniero presentano un rischio di povertà o esclusione sociale sensibilmente più elevato (38,1%, in marcato calo dal 42,7% del 2018) rispetto a chi vive in famiglie di soli italiani (24,0%, da 25,5%). Il divario è ancora accentuato sia per il rischio di povertà (31,3% contro 18,7% per le famiglie di soli italiani) che per la grave deprivazione materiale (13,4% contro 6,6%), mentre la bassa intensità lavorativa risulta decisamente minore tra chi vive in famiglie con almeno uno straniero (6,1% a fronte del 10,6% nelle famiglie di soli italiani). (Mar/ Dire)

Rallenta la crescita del reddito familiare

Nel 2018, si stima che le famiglie residenti in Italia abbiano percepito un reddito netto pari in media a 31.641 euro, ossia 2.637 euro al mese. La crescita rispetto all'anno precedente decelera in termini nominali (+0,8% da +2,6%) ed è lievemente negativa in termini reali (-0,4% da +1,2%). Il reddito equivalente, che tiene conto delle economie di scala rendendo confrontabili i livelli di reddito di famiglie di diversa numerosità e composizione, cresce invece in termini reali dello 0,5%. Da notare che il reddito al quale si fa riferimento include alcune poste non considerate nella definizione armonizzata a livello europeo, quali buoni pasto, fringe benefits non monetari (a eccezione dell'auto aziendale inclusa anche nella definizione europea) e autoconsumi (beni prodotti e consumati dalla famiglia)

Rispetto all'anno precedente, nel 2018 i redditi familiari medi in termini reali (esclusi gli affitti figurativi) sono cresciuti solo nel Mezzogiorno (+0,8%), sono diminuiti nel Centro (-1,0%) e nel Nord-est (-1,8%), rimanendo invece invariati al Nord-ovest (+0,1%). I maggiori incrementi si osservano per le coppie senza figli (+0,7%) e per le coppie con figli (+0,5%); in riduzione invece i redditi familiari reali per le persone sole (-2,5%). La contrazione complessiva dei redditi rispetto al 2007, anno che precede il manifestarsi dei primi sintomi della crisi economica, resta ancora notevole, con una perdita in termini reali pari in media al 9,1% per il reddito familiare e al 6,3% per il reddito equivalente. A livello territoriale la contrazione del reddito familiare in termini reali è pari al 12,0% nel Centro, all'11,3% nel Mezzogiorno, al 7,6% nel Nord-est e al 6,6% nel Nord-ovest. Guardando alle diverse tipologie familiari, rispetto al 2007, la diminuzione dei redditi familiari è maggiore per le famiglie più numerose (rispettivamente -8,7%, -9,3% e -10,4% per quelle con tre, quattro e cinque o più componenti) mentre è molto più limitata per le famiglie con due componenti (-2,3%) e con un solo componente (-1,8%).

Per confrontare le condizioni economiche delle famiglie di proprietari e inquilini (un quinto delle famiglie) è opportuno considerare nel calcolo del reddito disponibile anche l'affitto figurativo delle case di proprietà, in usufrutto o uso gratuito. Nel 2018, il reddito familiare inclusivo degli affitti figurativi è stimato in media pari a 36.416 euro; considerando le variazioni in termini reali la riduzione rispetto all'anno precedente è pari allo 0,8%, a causa della diminuzione degli affitti figurativi (-3,7%); questo stesso indicatore, una volta reso equivalente, risulta invece invariato in termini reali.

Poiché la distribuzione dei redditi è asimmetrica, la maggioranza delle famiglie ha percepito un reddito inferiore all'importo medio. Calcolando il valore mediano, ovvero il livello di reddito che divide il numero di famiglie in due metà uguali, si osserva che il 50% delle famiglie residenti in Italia ha un reddito non superiore a 25.716 euro (2.143 euro al mese), con un incremento dell'1,1% in termini nominali rispetto al 2017 (25.426 euro), ma sostanzialmente invariato in termini di potere d'acquisto. Le famiglie del Nord-est dispongono del reddito mediano più elevato (29.520 euro), seguite da quelle del Nord-ovest, del Centro e del Mezzogiorno, con livelli del 95%, 92% e 72% rispetto a quello del Nord-est. Il livello del reddito mediano varia in misura significativa anche in base alla tipologia familiare. Le coppie con figli raggiungono i valori più alti con 38.464 euro (circa 3.200 euro al mese), trattandosi nella maggior parte dei casi di famiglie con due o più percettori. Le coppie con tre o più figli percepiscono un reddito mediano (38.101 euro) più basso di quello osservato per le coppie con due figli (39.077 euro) e appena maggiore di quelle con un solo figlio (37.470 euro). Le famiglie monogenitore presentano un reddito mediano pari a 26.329 euro, e gli anziani che vivono soli nel 50% dei casi non superano la soglia di 15.392 euro (1.282 euro mensili). Anche le coppie senza figli percepiscono un reddito mediano più basso se la persona di riferimento è anziana (26.441 contro 32.566 euro delle coppie senza figli più giovani). Il livello di reddito mediano delle famiglie con stranieri è inferiore di 5.400 euro rispetto a quello delle famiglie composte solamente da italiani. Le differenze relative si accentuano passando dalle ripartizioni del Nord al Mezzogiorno, dove il reddito mediano delle famiglie con almeno uno straniero è pari al 61,6% di quello delle famiglie di soli italiani.

La disuguaglianza dei redditi è più alta in Italia rispetto all’Ue

Disuguaglianza dei redditi più elevata in Italia che negli altri grandi paesi europei. Una delle misure principalmente utilizzate nel contesto europeo per valutare la disuguaglianza tra i redditi degli individui è l'indice di concentrazione di Gini. Sulla base dei redditi netti senza componenti figurative e in natura (secondo la definizione armonizzata a livello europeo), nel 2018 il valore stimato per l'Italia è pari a 0,328, in lieve diminuzione rispetto al 2017 (quando era 0,334) e più alto rispetto agli altri grandi Paesi europei (Francia 0,292, Germania 0,297). Nella graduatoria crescente dei Paesi dell'Ue28, per i quali è disponibile l'indicatore (27 paesi), l'Italia occupa la diciannovesima posizione, guadagnando due posti rispetto al 2017, quando era ventunesima. In Italia l'indice di Gini è più elevato nel Sud e nelle Isole (0,350) rispetto al Centro (0,311), al Nord-ovest (0,310) e al Nord-est (0,282). (DIRE)

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)