N come nazione. Oltre ogni violento particolarismo

Amare la nazione spinge ad aprirsi a culture diverse, concepite come ricchezza

N come nazione. Oltre ogni violento particolarismo

Per fortuna la nostra Nazionale di calcio si è qualificata con largo anticipo all’Europeo del 2020. Dopo quattro anni possiamo finalmente rispolverare le bandiere che sono rimaste nel cassetto a seguito della mancata qualificazione al mondiale del 2018 in Russia.

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Oramai la maglia azzurra sembra rimasta l’unica occasione per sentirci tutti cittadini di una stessa Nazione, l’Italia; un’altra occasione è quando ci troviamo all’estero e incrociamo un nostro connazionale. Infine, ci sentiamo un unico popolo nei momenti in cui un territorio è sconvolto da una catastrofe. Per il resto, facciamo fatica a sentirci nazione, uniti sotto una stessa bandiera, cittadini di uno stesso Stato.

Il contenuto del termine nazione è comunque tra i più vaghi e incerti del vocabolario politico. Nazione rimanda all’idea di nascita e in passato si riferiva alle persone che nascevano e vivevano nello stesso territorio. Oggi, con gli spostamenti sempre più veloci, questo termine non può essere riferito unicamente a chi nasce nello stesso Paese o vi abita da molto tempo.
Si è anche cercato di identificare un nostro connazionale con chi ha dei “legami naturali”. Fino alla seconda guerra mondiale, infatti, erano tali coloro che appartenevano alla stessa razza. Sappiamo qual è stato l’epilogo di questa “naturale” distinzione. Si è fatto poi riferimento a persone che parlano la stessa lingua, che professano la stessa religione, condividono la stessa cultura, costumi, tradizioni, ma questi non sono più dei riferimenti significativi per uno Stato moderno. Pensiamo alla nostra Italia, al suo ricco territorio, alla sue tradizioni regionali e ai sui dialetti, vere e proprie lingue.

Oggi l’unica realtà che identifica una nazione sembra essere rimasta il confine territoriale, all’interno del quale valgono le stesse leggi, fondate su di una Costituzione a cui sottostanno coloro che risiedono in quel territorio.

Sarebbe, comunque, un po’ limitante ridurre la nazione al solo risiedere in un territorio, senza coinvolgere le persone che lo abitano. Sono i cittadini a costituire una nazione, uniti, coinvolti e affascinati da un progetto, da un ideale alto che li rende solidali e orgogliosi di farne parte.

Questo forte senso di appartenenza può diventare così coinvolgente da spingere – come è avvenuto in passato e avviene ancora oggi – delle persone a sacrificarsi per la nazione. Lo stesso Stato di diritto si sostiene dal di dentro su questa idea forte, e solo questa può diventare il “collante” che tiene insieme la compagine governativa e i cittadini. Senza il concetto di nazione si rischia di creare una frattura insanabile tra cittadino e classe politica.

L’ondata di nazionalismo che sta coinvolgendo molti Stati, compresa l’Italia, non nasce da un amore per la patria, ma dal suo contrario. Per questo è urgente una riscoperta del senso autentico di appartenenza a una nazione, senza per questo scivolare in violenti particolarismi. Il vero “nazionalismo”, il vero amore per la nazione è quello che spinge il cittadino ad aprirsi a culture diverse, concepite come una ricchezza. È la mancanza di valori condivisi la causa di questo ritorno di estremismi etnico-culturali. La perdita di ogni riferimento valoriale porta a disorientare il cittadino, come ebbe a dire san Giovanni Paolo II in un discorso del 1995, che leggeva le derive nazionaliste «come un bisogno prorompente d’identità e di sopravvivenza, una sorta di contrappeso alle tendenze omologanti».

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