L’attenzione del cuore come antidoto alla paura

Come affrontiamo ansie e affanni? Preoccuparci porta in un circolo vizioso. Interessarsi è positivo e porta ad azioni utili

L’attenzione del cuore come antidoto alla paura

Preoccupazione, ansia e affanno sono esperienze che contraddistinguono l'uomo di tutti i tempi. Ciò che permette di tracciare un confine tra patologico e non, è la dimensione eccessiva delle preoccupazioni e l’impatto negativo che sortiscono sul funzionamento psicosociale dell’individuo.

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La lettura di ordine psicologico non può prescindere, a mio avviso, da un livello di lettura più ampio, che consideri l'individuo all'interno di un orizzonte assiologico spirituale. Anche nei salmi ritroviamo affanno e preoccupazioni, insieme ad atteggiamenti di fiducia e di abbandono a Dio.

Nel Nuovo Testamento, Gesù ci indica la via regale per vivere senza affannarsi, esortandoci a una revisione della nostra vita e delle priorità; le nostre ansie, infatti, se accettiamo di ascoltarle, ci dicono dove di fatto è focalizzato il nostro cuore, che cosa conta veramente per noi, aldilà di quello che diciamo. Gesù ci chiama alla conversione del cuore in senso profondo, a investire sui beni che non arrugginiscono, ad accumulare tesori in Cielo.

C'è un modo buono di affannarsi ed è quello che emerge nel libro di Tobia, in cui gli affanni vengono temperati grazie alla certezza della Provvidenza divina.

Altro libro esemplare è quello del Qoélet, in cui lo sguardo realistico del protagonista sull'amarezza della vita, lo porta a smascherare le contraddizioni interiori, a cercare un'immersione più sapienziale nel presente, dando legittimità alle domande di senso, senza la pretesa di conoscere e risolvere tutte le risposte, ma fidandosi di un mistero benevolente.

Potremmo dire, e questo è vero anche dal punto di vista psicologico, che man mano che si coltivano fiducia e speranza come orizzonti di senso, gli affanni si stemperano.

A tutti capita spesso di essere preoccupati: per il lavoro, per la propria salute, per il partner e per i propri figli. Anche se le paure e i timori variano da individuo a individuo, è quindi normale sentirsi preoccupati per qualcosa. Tuttavia c’è differenza tra la preoccupazione e l’attenzione o interessamento. L’interessamento fa sì che una certa cosa, situazione o problema, attiri la nostra attenzione.

Esempio: «Che succederà il prossimo anno quando mio figlio andrà alle superiori? Troverà una buona scuola? Come se la caverà con le nuove materie di studio?». Questa la possiamo chiamare attenzione. Ma quando queste stesse domande passano ripetutamente nella mente, in un rimuginare fastidioso, possiamo parlare di preoccupazione. Se poi se ne aggiungono altre, come: «Troverà dei compagni traviati, o tossicodipendenti? Riuscirà a non farsi influenzare da loro?», è facile cadere nella preoccupazione, perché già si teme il peggio.

La preoccupazione ci porta, poi, in un circolo vizioso, perché più ci preoccupiamo e più difficile sarà smettere di farlo. L’interessamento è positivo e porta ad azioni concrete di vera utilità. Esso presuppone una fiducia di base nei confronti di sé, degli altri, della vita, di Dio.

Nella Prima lettera di Giovanni (4,18) troviamo una sintesi luminosa sul tema preoccupazione, ansia, affanno e sull'itinerario che siamo chiamati a compiere, un itinerario spirituale che comprende anche tappe di riflessione e lavoro psicologico, per consapevolizzare i nostri vissuti e gli schemi mentali con cui percepiamo e reagiamo alla realtà; un itinerario del cuore, perché trovi il suo vero tesoro: «Nell'amore non c'è timore, al contrario l'amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell'amore».

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