L’importanza dell’inessenziale. Non esiste una gerarchia di “valore” nei beni se non nelle nostre teste e nelle nostre vite

I consumi faticano a ripartire, quindi le vendite, la produzione e in definitiva l’occupazione.

L’importanza dell’inessenziale. Non esiste una gerarchia di “valore” nei beni se non nelle nostre teste e nelle nostre vite

Fieno in cascina. Espressione padana che significa: risparmiare, fare provviste, dotarsi di beni necessari per affrontare un difficile “inverno”. Noi italiani l’abbiamo assunta come motto nazionale, visti i trascorsi storici: da molti secoli affrontiamo un continuo “clima d’incertezza” che ci ha insegnato che, appunto, di doman non v’è certezza. Quindi: fieno in cascina, deve passare la nottata.
È successo pure durante la pandemia: i risparmi nei conti correnti si sono gonfiati di oltre 40 miliardi di euro un po’ perché non c’era proprio occasione di spenderli, un po’ perché abbiamo tutti avvertito l’odore di tempesta. E la paura che queste siano solo avvisaglie, rispetto ai mesi prossimi.
Peccato che questo atteggiamento – giusto, prudente, condivisibile, spesso necessario – non ci stia aiutando a tirarci su. I consumi faticano a ripartire, quindi le vendite, la produzione e in definitiva l’occupazione. Ci difendiamo dalla tempesta, inconsapevolmente dandole forza.

Si dice: dobbiamo tornare all’essenziale, la società dei consumi ha perso la rotta, siamo schiavi dei beni che acquistiamo. E che ci sia più di un fondo di verità, è cosa innegabile. Ma se ci fermiamo a ragionare nel concreto, se guardiamo a quella parola – essenziale –, è chiaro che sarà difficile comprendervi i canotti di gomma, le mensole d’arredo o i giubbini da mezza stagione. Oppure le pizze con gli amici, i monopattini, i bicchieri di plastica. E perché no la carta su cui sono magari stampate le righe che state leggendo.
Non se ne esce più, non esiste una gerarchia di “valore” nei beni se non nelle nostre teste e nelle nostre vite. Che sono fatte di novità, di progressi, di nuovi bisogni che soppiantano i vecchi (o staremmo ancora sopra i carretti, snobbando le auto). Ciò comporta intraprese, investimenti, lavoro. Gli uomini primitivi erano maestri nell’essenziale, ma è difficile sognare di fare scambio con le palafitte e un’aspettativa di vita da primati.

Poi, dovremmo convincere i popoli d’oltralpe ad adottare la stessa logica: quindi basta a sciocchezze come i mobili e la moda italiani, i prosciutti e il Parmigiano, i vini e quant’altro battezziamo made in Italy, che invece promuoviamo alacremente all’estero. E stiano pure a casa loro, che il turismo è veramente il frutto più maturo dell’inessenziale.
No. Torniamo pure alla vita di prima, sforzandoci di garantire l’essenziale a tutti, qui come lontano da qui. Con il sogno di vedere i bimbi africani che si mangiano uno splendido, inessenziale quanto ambitissimo gelato con due palline.

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Fonte: Sir