Referendum e riforma Cartabia. Nota politica

In Parlamento è aperto il cantiere della cosiddetta riforma Cartabia che, per accelerare l'iter, ha preso la forma di emendamenti al testo che porta il nome del suo predecessore, Alfonso Bonafede.

Referendum e riforma Cartabia. Nota politica

Tra i cinque referendum ammessi dalla Corte costituzionale e l’iter parlamentare della riforma Cartabia, il tema dell’amministrazione della giustizia è tornato al centro del dibattito politico. Certo, non infiamma più l’opinione pubblica, come avveniva trent’anni fa all’epoca di Mani Pulite, quando i pm venivano considerati eroi nazionali: oggi – e c’è da dire: purtroppo – i sondaggi più accreditati segnalano che la fiducia degli italiani verso la magistratura, soprattutto nei suoi rapporti con la politica, è ai minimi storici. E non ci sarebbe neanche bisogno dei sondaggi per cogliere questi umori che da un lato fanno torto alla stragrande maggioranza delle toghe, dall’altro trovano alimento in comportamenti deviati e talora in veri e propri illeciti che non è più possibile far finta di non vedere. È un problema estremamente grave. Perché indipendenza e autonomia della magistratura, lo ha ricordato il presidente della Repubblica nel discorso del giuramento, “sono principi preziosi e basilari della Costituzione” ma “il loro presidio risiede nella coscienza dei cittadini” e “questo sentimento è fortemente indebolito”. “Va ritrovato con urgenza”, ha sottolineato Sergio Mattarella dedicando a questi temi una corposa sezione del suo intervento davanti a coloro che lo avevano rieletto al Quirinale.
In Parlamento è aperto il cantiere della cosiddetta riforma Cartabia che, per accelerare l’iter, ha preso la forma di emendamenti al testo che porta il nome del suo predecessore, Alfonso Bonafede. Un disegno di legge già da tempo all’esame delle Camere. L’urgenza generale è rafforzata dal fatto specifico che a luglio dovrà essere rinnovato il Consiglio superiore della magistratura e sarebbe di fondamentale importanza che ciò avvenisse con nuove regole. Incombono poi i referendum che per legge si devono tenere tra il 15 aprile e il 15 giugno. Se la riforma Cartabia venisse approvata, tre dei cinque quesiti ammessi risulterebbero probabilmente superati. Ne resterebbero comunque in campo due tutt’altro che marginali: riguardano infatti i limiti della custodia cautelare e la decadenza/incandidabilità dei condannati (la “legge Severino”). Tra gli analisti si registra al momento un diffuso scetticismo sulla possibilità che nelle urne si raggiunga il quorum necessario per la validità della consultazione, anche nel caso in cui il voto fosse abbinato alle amministrative. Dal 1997 in poi il quorum è stato conseguito soltanto in un referendum abrogativo su otto. Si vedrà nei prossimi mesi quale interesse i promotori riusciranno a costruire intorno alla loro iniziativa. Resta un forte dubbio sulla congruità dello strumento referendario rispetto a una materia complessa come quella della giustizia. Questa considerazione, però, non può rappresentare un alibi per il Parlamento. Sul tavolo ci sono riforme lungamente ponderate e oggetto di un confronto approfondito, anche in connessione con quelle previste espressamente dal Pnrr. I tempi sono più che maturi e ulteriori rinvii sarebbero incomprensibili agli occhi del Paese.

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Fonte: Sir