Salute mentale e Covid, i pazienti delle strutture vivono come reclusi

Unasam scrive al ministro Speranza, per denunciare “l'inaccettabile e incomprensibile rigidità di disposizioni”. Alcune direzioni sanitarie “privano gli ospiti di rapporti affettivi determinanti per la loro ripresa” e “impediscono il loro libero movimento all'esterno della struttura Chiediamo al ministro un intervento urgente”

Salute mentale e Covid, i pazienti delle strutture vivono come reclusi

Esprimiamo grande preoccupazione per il protrarsi delle restrizioni di libertà, nelle strutture socio sanitarie e socio assistenziali, che accolgono persone che vivono la condizione della sofferenza mentale”. Inizia così la lettera che Gisella Trincas, presidente di Unasam, ha indirizzato al ministro della Salute Roberto Speranza, a cui chiede un “Intervento urgente”

Vigono ancora, infatti, all'interno delle strutture residenziali per la salute mentale, le disponizioni governative in base alle quali “l'accesso di parenti e visitatori è limitato ai soli casi indicati dalla direzione sanitaria della struttura, che è tenuta ad adottare le misure necessarie a prevenire possibili trasmissioni di infezione”.

Queste misure preventive si traducono, in molti casi, in “un'inaccettabile e incomprensibile rigidità di disposizioni”: le direzioni sanitarie, in nome di queste, non solo “stabiliscono quando e in che misura consentire la visita di parenti e amici (privando le persone di rapporti affettivi determinanti per la loro ripresa)”, ma impediscono anche il “libero movimento all'esterno della struttura, come invece consentito (pur con le precauzioni da assumere) alla generalità dei cittadini e delle cittadine”.

Per Unasam, tali disposizioni diventano “gravi” quando “impediscono, alle persone quel processo di integrazione e inclusione sociale indispensabile per il percorso di miglioramento delle proprie condizioni di salute mentale e di salute fisica”. Si tratta, peraltro, di misure irrazionali e inefficaci, dal momento che “gli operatori delle strutture, quando non sono in turno, vivono la loro normalità di vita frequentando i propri cari e gli amici, i luoghi della socialità e dello svago, i negozi, i supermercati, le palestre, il mare e possono anche andare in vacanze”. Al contrario “tutto ciò è precluso a cittadine e cittadini che, per le loro condizioni di difficoltà psico sociali e sanitarie hanno necessità di essere sostenuti, in un percorso assistenziale e terapeutico riabilitativo, in luoghi altri dalla propria abitazione, e determina una grave discriminazione”.

La preoccupazione di Unasam è quella di tanti ospiti e dei loro parenti: “La nostra organizzazione riceve costantemente segnalazioni e proteste da parte dei familiari e delle stesse persone ospitate in tali strutture. In questi giorni, inoltre, le disposizioni si sono ulteriormente inasprite bloccando qualunque accesso, nelle strutture, da parte dei familiari”. Va precisato che “non ovunque è cosi, vi sono comunità terapeutiche e strutture socio assistenziali in cui gli ospiti, pur con le misure di prevenzione necessarie, incontrano regolarmente i propri familiari e partecipano alla vita sociale”.

Unasam chiede quindi “un intervento urgente da parte del ministero della Salute, con l'emanazione urgente di disposizioni chiare che valgano per la generalità dei cittadini e delle cittadine, inclusi i cittadini e le cittadine che sono accolti e accolte in qualunque struttura socio sanitaria o socio assistenziale del nostro Paese”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)