I frati minori di Sicilia accolgono le rifugiate ucraine con i loro bambini

Sono oltre 45 le donne che sono state accolte in quattro realtà religiose diverse dell'Isola. Baida, a pochi passi da Palermo, è il centro più grande

I frati minori di Sicilia accolgono le rifugiate ucraine con i loro bambini

Sono oltre 45 le rifugiate ucraine che sono state accolte dai frati minori di Sicilia in quattro realtà religiose diverse dell'Isola. Il centro di Baida, frazione a pochi passi da Palermo, è la struttura più grande e confortevole che, fin da subito, ha aperto le sue porte. Nella struttura, infatti, dal 4 marzo ad oggi, sono già passate 60 persone. In questo momento ci sono 20 persone, tutte donne in prevalenza giovani con 9 minori al seguito. Le altre strutture interessate sono quella di Favara in provincia di Agrigento che ospita dieci persone, Bincavilla (Ct) con nove persone, Ispica (Sr) con due famiglie ucraine insieme a tre persone migranti provenienti dalla rotta mediterranea libica. 

A raccontare come si sta organizzando l'accoglienza di chi è scappato dalla guerra è il padre provinciale dei frati minori fra' Antonino Catalfamo.

“Baida è la realtà più grande e più organizzata che abbiamo destinato a questa finalità - dice fra' Antonino Catalfamo -. Ad oggi, abbiamo una ventina di persone tra donne e bambini. Fino a qualche tempo fa, abbiamo avuto anche uomini che, però, sono già partiti. A  causa del dramma enorme e della sofferenza che stanno vivendo, all'inizio erano un poco disorientate. Sono donne, quasi tutte giovani, che stanno mostrando di avere una grande forza ed il coraggio di andare avanti. Sono ogni giorno in contatto con gli uomini che sono rimasti nel loro Paese che fortunatamente per adesso stanno bene. A Baida si stanno riappropriando in maniera piena della loro umanità e del beneficio del contatto con la natura. Per le ultime arrivate, essendo state a lungo nei bunker, poter svegliarsi sentendo gli uccellini è una dimensione di pace ritrovata molto bella. Si danno molto da fare perchè fin da subito si sono autogestite in maniera autonoma come se fossero a casa propria”.

“Stanno mostrando una grande dignità e cercano di non esprimere giudizi neanche nei confronti dei russi, desiderando soltanto in maniera forte che arrivi al più presto la pace per riprendere la loro vita in condizioni normali – continua il padre provinciale -.  Alcune associazioni hanno già dato disponibilità per offrire una occupazione lavorativa. Alcune, insieme ai loro bambini, sono state accolte da famiglie italiane. A parte un caso di una donna che già in precedenza faceva la badante in Italia per le altre, considerato che hanno i bambini piccoli, si stanno cercando occupazioni legate anche alle professioni che già svolgevano in Ucraina. A Baida abbiamo per esempio la signora Vittoria che, facendo già in Ucraina l'insegnante di italiano, adesso ha organizzato una piccola scuola informale, divisa in due gruppi per bambini e per adulte, dove insegna la lingua italiana. Le richieste di accoglienza ci arrivano dalle prefetture o dalle associazioni in contatto diretto con loro. La situazione è in continua evoluzione.

Victoria Koval, di 34 anni, originaria di Borodyanka, a 30 km da Kiev, arrivata con il suo bambino di quasi 8 anni, racconta la sua accoglienza a Baida. “Sono arrivata il 9 marzo scorso a Palermo insieme a mio figlio, mia mamma, mia sorella e mia nipote – racconta Vittoria -. Dopo una settimana dallo scoppio della guerra, prima di scappare, abbiamo vissuto rifugiate nel seminterrato di un garage molto freddo che, però era pericoloso perchè non era un bunker. Ogni giorno ci sentiamo con i nostri uomini che, però, per adesso fortunatamente, stanno facendo i volontari portando medicinali e cibo a chi è rimasto nel nostro paese. Prima ero in contatto, come interprete, con una associazione che si occupava in Italia di adottare i bambini degli orfanotrofi. Poi ho insegnato in Ucraina italiano e adesso ho iniziato anche a Baida a fare lezioni di italiano per le donne e i bambini. I più piccoli hanno iniziato la scuola mentre alle donne la lingua italiana servirà per trovare un lavoro. I primi giorni, eravamo molto giù e spesso piangevamo ma poi abbiamo capito che non potevamo stare in questo stato davanti ai nostri bambini. Abbiamo la necessità di andare avanti e di riuscire soprattutto a trasmettere la giusta serenità e l'energia positiva ai nostri figli. In Polonia i nostri figli, sentivano gli elicotteri e avevano ancora paura. Se siamo in Italia è proprio per proteggere loro. Ringraziamo tutti per questa umana ospitalità in questo bel posto con il giardino”. 

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)