È il momento di osare il nuovo. Un'estate di carità a km zero

Niente grest e campiscuola. Siamo sicuri che tutto il male viene per nuocere?

È il momento di osare il nuovo. Un'estate di carità a km zero

Pensare all’esperienza estiva “come abbiamo sempre fatto”, attendere di tornare alla normalità per il grest o il camposcuola di “sempre”, a oggi – salvo nuove sorprendenti ordinanze del Governo o della Regione – appare un’utopia, un sogno a occhi aperti. Mi stupisce riscontrare questo scarso senso della realtà, talora anche da alcuni giovani. Ma mi auguro che – rielaborata la frustrazione – proprio da loro, in un dialogo proficuo con gli adulti, si accenda l’audacia del “nuovo”.

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Sì, del “nuovo”. Per un anno non potremo fare i campiscuola o i grest nelle forme consuete, ahimè: non ci saranno piramidi umane sul prato in montagna, camerate dove dormono dieci preadolescenti e vagano un numero imprecisato di calzini maleodoranti, grandi abbracci collettivi nel campo da calcio della parrocchia o corse a perdifiato per chi arriva per primo a tuffarsi in mare. Ma non significa che allora alziamo bandiera bianca e… “arrivederci al 2021”.

La fantasia di molte parrocchie, anche grazie allo stimolo di #grestandoacasa (la proposta formativa a distanza che abbiamo lanciato come Ufficio di pastorale dei giovani e Noi associazione), sta suscitando ipotesi e modalità di grest alternative, a piccoli gruppi, di pochi giorni, in modalità diffusa (non solo in patronato ma all’aperto e in spazi distribuiti nel territorio!), con la stretta collaborazione di adulti e giovani dai 18 anni in avanti (che dovranno essere molto più presenti che in passato!) accanto agli animatori adolescenti, nel rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie.

“Stare sul pezzo” è un’espressione dello slang giovanile che può tradurre l’espressione “ecclesialese” del saper leggere i segni dei tempi, inserirsi nel processo di discernimento del vedere-giudicare-agire. Oggi significa contemperare il bisogno di tante famiglie che tornano al lavoro (se tornano) e non sanno come fare coi figli, l’emergenza di ragazzi e adolescenti rimasti in isolamento per tante, troppe settimane, la necessità di essere molto seri con il rispetto dei protocolli sanitari con l’esigenza di annunciare il Vangelo e vivere un’esperienza di comunità. Perché questo è il fuoco che ci abita!
Le nostre parrocchie non sono però solo per i più piccoli e per i grest! Per i giovani dai 17-18 ai 30-35 anni quest’estate così insolita può rappresentare un’alternativa al classico camposcuola. In cammino su qualche antica via di pellegrini o di servizio al Sermig o in altre realtà in giro per l’Italia o all’estero, il classico camposcuola per giovani è ormai da un pezzo diventato troppo esotico, alternativo, lontano. A tal punto che esperienze più locali proposte anche dal settore giovani dell’Azione cattolica negli ultimi due anni (l’Opsa nel 2018 o i luoghi della tempesta Vaia nel 2019) sono andate deserte.

Quest’anno potremo magari vivere delle piccole esperienze giornaliere a km 0, accorgendoci che ci sono domande e bisogni che il territorio (e il tempo) in cui viviamo presenta e che spetta a noi, come credenti e cittadini, saper leggere e interpretare. Anziani soli che potrebbero essere visitati o aiutati in bisogni molto concreti (sistemazione di spazi interni o esterni, la spesa, qualche chiacchiera…), famiglie in difficoltà economica da soccorrere, spazi parrocchiali e pubblici da riqualificare, banchi alimentari delle Caritas da sostenere… senza dimenticare alcune realtà diocesane, in primis le Cucine Popolari a Padova, che attendono finalmente anche giovani con l’accento veneto (gli altri anni accoglievano soprattutto giovani con “fazzolettoni” di altre zone d’Italia).

Mi piacerebbe pensare all’estate 2020 come all’estate della Carità a km 0 per tanti giovani delle nostre parrocchie. Ma serve aprire gli occhi. E osare il nuovo.

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