Le piante ci guardano e pensano

Lo starebbe dimostrando la scienza: le piante (in generale) avrebbero reazioni indotte da ciò che accade loro intorno. 

Le piante ci guardano e pensano

Le radici comunicherebbero tra loro e gli alberi contermini, al punto da formare una rete d’informazione capillare che s’intreccia sotto i nostri piedi, simile a internet. C’è poi quella che semplicisticamente viene definita “musica degli alberi”, indotta da elettrodi che rilevando gli impulsi elettrici emessi dalle foglie e tradotti in note musicali da un sintetizzatore umano, formano vere e proprie sonorità che mutano col mutare delle condizioni intorno alla pianta stessa.

Non mi stupirei quindi, se a breve ci dicessero che gli alberi non sono più (non lo sono mai stati...) creature solitarie, mute e immanenti. Ma creature pensanti e forme da noi acquisite inconsciamente come archetipi-modello – si pensi all’albero della vita come a quello genealogico – fin dai primi segni d’identità che lasciamo nella carta (disegni da bambino).

Orbene, presto potremmo così convincerci che la piccola piante del nostro balcone come l’albero in giardino, “ci osserva e ci pensa”!? Discorso da fantascienza? Affatto, visto quello che gli scienziati israeliani starebbero per dimostrarci con i loro approfonditi studi sul campo. Da semplice osservatore quale sono, ho sempre avuto una fatale attrazione verso il mondo vegetale, in particolare i grandi alberi.

Vuoi perché la mia infanzia è legata ai giochi che facevamo dentro il giardino di una villa, definita “La Deliziosa” per il suo splendido parco romantico, con alberi secolari che sono stati i miei primi giocattoli naturali. Vuoi per la cultura mitologica che ho scoperto negli alberi, cui è legata la nostra cultura e ancora oggi la nostra esistenza e sopravvivenza (si pensi al ciclo del carbonio e ai cambiamenti climatici, per cui gli alberi sarebbero la nostra àncora di salvezza futura). Di tutto ciò, però, vorrei parlarvi con tre esempi personali che includono dubbi e rasentano certezze. Per l’amore che vanto verso gli alberi, ad amici e conoscenti, dico spesso che un gradito regalo resta un albero da piantare nel mio giardino.

Così un amico, incostante, con una serie di problemi familiari e amorosi, un giorno mi regalò un tiglio. Un altro amico per il mio compleanno mi portò un “biricoccolo”, incrocio naturale tra albicocco e susino. Doveva essere un segno di ringraziamento il “mandarino cinese” donatomi da signora affetta da una grave malattia che l’avrebbe portata alla morte pochi mesi dopo. Piante che continuo a coltivare, che mostrano a modo loro, come direbbe l’amico Mauro Corona «il carattere di chi ce le ha regalate». Potrebbe scappare un sorrisino leggendo questo, eppure la realtà mostra come quel tiglio sia cresciuto lento, contenuto seppur costante, tanto quanto l’amicizia con colui che me l’aveva regalato. Il “biricoccolo” invece è tutt’ora sterile. Un piccolo frutto è maturato solo quest’anno a quattro anni dalla sua messa a dimora. Tanto che qualcuno mi ha suggerito di tagliarlo. L’albero era sterile quanto l’amicizia con colui che me l’aveva donato. Dopo appena un anno, di lui persi ogni traccia, senza giustificazione.

Il mandarino cinese invece, ha una storia credibile. Era un gradito gesto di riconoscenza, da parte di colei che il cancro stava annientando e la pianta come di riflesso cresceva stentatamente. Intervenni con tutti i mezzi pur di riattivarla, ma senza successo: frutti e foglie si mostravano in perenne sofferenza. Ma dal momento in cui l’amica se n’è andata, l’agrume è resuscitato. Il fogliame è ora lussureggiante e ha portato frutto. Così ogni volta che il mio sguardo sfiora la pianta, pensiero e realtà si fondono nella certezza “botanica e umana” che nelle piante cresca e sopravviva una parte di noi. Forse la migliore!

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