Fatti

Fermi in banchina per non rimetterci. Da lunedì il 90 per cento dei pescherecci italiani sono ormeggiati. Niente più uscite significa niente pescato giornaliero ma soprattutto niente guadagno. Il motivo è lo stesso che accomuna altre categorie produttive: il raddoppio del prezzo del carburante. Per dare più peso alla protesta, martedì le marinerie hanno consegnato i documenti delle proprie barche alle capitanerie di porto e mercoledì si sono radunati a Roma per manifestare. E sempre da lunedì prossimo 14 marzo, Trasportounito fa sapere  le aziende di autotrasporto sospenderanno a livello nazionale i loro servizi 'per causa di forza maggiore'" e cioè l'esplosione dei costi del carburante. Fra coloro che è al loro fianco e che tiene il polso della situazione c’è don Giuseppe Giudici, direttore dell’apostolato del mare diocesi di San Benedetto del Tronto, che al Sir spiega come ogni battuta di pesca possa costare solo di gasolio dai 500 ai 2500 euro.

“Sono certo che l'Italia farà la sua parte fino in fondo. Come sempre nel dramma, nell'emergenza, nel terrore, ci scopriamo migliori di come pensiamo di essere”. Alla vigilia della riunione informale del Consiglio europeo su difesa, energia ed economia, Mario Draghi si è presentato alla Camera per rispondere alle interrogazioni dei deputati, monopolizzate ovviamente dalla guerra in Ucraina e dalle sue conseguenze.

Parla il rettore della parrocchia di Nostra Signora di Czestochowa e offre una testimonianza choc: “In questo momento c'è una catastrofe. La città viene bombardata ogni giorno. Oggi un aereo russo ha sganciato una bomba sull'ospedale pediatrico. La zona dove si trova il nostro monastero è stata bombardata per 4 giorni senza sosta”. La città è circondata dai russi. Non consentono l'arrivo degli aiuti umanitari. A causa dei bombardamenti, non c'è acqua, luce o gas

Per il grande Paese asiatico il conflitto "è un gran pasticcio", osserva l'esperto. E sulla telefonata ieri tra Xi Jinping, il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, aggiunge: “Gli ucraini, se resistono, non cederanno. E Putin ha bisogno di una vittoria. Le due parti quindi mi sembrano molto ferme nelle loro rispettive posizioni e temo che, fin quando una delle due non comincia a cedere, i margini di una mediazione non esistono per nessuno”

A Siret, in Romania, alla frontiera con l'Ucraina, gli operatori di Save the children accolgono i bambini in fuga mettendo a disposizione uno spazio dove giocare e rilassarsi. Una testimonianza dal campo. Tra le varie realtà, in Polonia l'associazione Fundacja Happy kids continua ad evacuare giornalmente centinaia di bambini che erano accolti nei centri ucraini: 100.000 in 600 istituti, molti sono orfani o lasciati dai genitori che non possono mantenerli. In Italia si sta muovendo l'associazione M'aMa-Dalla parte dei bambini

La ragazza non vuole che scriviamo il suo cognome, né il nome dell’Università che frequenta. La paura è di essere espulsa: “Il mio governo ha mandato in prigione persone anche solo per un 'mi piace' nei social network - racconta -. Vorrei sentirmi al sicuro. E, mi raccomando, nessuna foto”. La giovane ha studiato quasi cinque mesi in Europa, in Polonia, grazie ad un accordo tra le due università ed è rientrata in Russia una settimana prima che scoppiasse la guerra